Neonata morta in centro rifiuti: Save the Children, in Italia sono centinaia i bambini non riconosciuti dalle madri alla nascita

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Indispensabile fare di più per diffondere la legge che tutela il parto in anonimato in ospedale e rafforzare le reti di cura e di prevenzione per le future mamme e i loro bambini

“Si resta attoniti di fronte alla tragica notizia della bambina appena nata trovata senza vita sul nastro trasportatore di un centro rifiuti nelle Marche. Non sappiamo cosa vi sia all’origine di questo dramma, ma in ogni caso questo ci deve spingere a rafforzare le reti di prevenzione comunitarie – ospedali, consultori, scuole, servizi – in grado di offrire alle donne in gravidanza e ai futuri genitori il sostegno e l’assistenza di cui hanno bisogno in questa delicata fase della vita, perché nessuna mamma possa sentirsi abbandonata e perché siano intercettate per tempo le situazioni di maggiore fragilità e di rischio. Allo stesso modo, sottolineiamo con forza l’importanza di diffondere, anche attraverso apposite campagne informative, la conoscenza della possibilità, prevista dalla legge italiana, di partorire in anonimato in ospedale, evitando così l’abbandono di neonati in luoghi non sicuri o il ricorso a parti non assistiti e garantendo la salute dei bambini e delle neomamme”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

In 10 anni – sottolinea l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro – il numero di neonati non riconosciuti alla nascita dalla madre si è ridotto di oltre il 30%, passando dai 410 casi del 2004 ai 278 del 2014.[1] Con l’obiettivo di unire l’impegno delle realtà istituzionali, professionali e associative presenti su tutto il territorio nazionale nella tutela della salute e del benessere delle donne in gravidanza e dei bambini nei primissimi giorni di vita, Save the Children nel 2016 ha lanciato la Rete Fiocchi in Ospedale, sulla base dell’esperienza del progetto Fiocchi in Ospedale, presente attualmente nei reparti materno-infantili di 9 grandi ospedali italiani.

“Nella nostra esperienza diretta all’interno degli ospedali, siamo stati testimoni di diverse situazioni di grave fragilità sociale e psicologica tra le neomamme le quali, tuttavia, adeguatamente informate e preparate, si sono sentite sufficientemente protette e assistite e hanno scelto di salvaguardare la vita e il benessere del loro bambino, partorendo in ospedale in anonimato senza sentirsi obbligate a riconoscere il proprio figlio al momento della nascita. Una possibilità, questa, spesso decisiva per proteggere i neonati – i quali in queste circostanze immediatamente sono accolti da una famiglia adottiva che li farà crescere – e salvaguardare sin da subito la loro salute e quella della mamma. E’ pertanto fondamentale comunicare e diffondere a ogni livello questa possibilità, con il coinvolgimento attivo delle reti comunitarie, per scongiurare in futuro il ripetersi di drammi come quello avvenuto in provincia di Ancona”, ha concluso Raffaela Milano.

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