Il 21 maggio arriva nelle librerie il primo libro sulla vita privata di Alberto Sordi scritto da suo cugino Igor Righetti

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Chi era fuori dal set, dalle interviste e dalle apparizioni televisive ufficiali?

È una delle tante rivelazioni contenute nel volume «Alberto Sordi segreto», l’omaggio editoriale del centenario della nascita del grande attore e atteso da tempo dai suoi fan, che svela amori nascosti, manie, rimpianti e maldicenze. All’interno decine di foto inedite e la prima canzone a lui dedicata. Anche in versione ebook

«Alberto amava ripetere: ‘In Italia si dice che il popolo è sovrano. Ma sovrano de che? Il nostro Paese, purtroppo, ha avuto una classe politica che si è impegnata nella conquista del potere per interessi meramente personali’». Affermava come “nell’Italia politica degli ultimi anni ci fosse tanta mediocrità e che i cittadini venissero trattati da sudditi”.

Sono alcune delle tante rivelazioni contenute nel primo libro sulla vita privata dell’attore “Alberto Sordi segreto” dal 21 maggio nelle librerie, pubblicato da Rubbettino e scritto da chi Sordi lo ha conosciuto bene e frequentato in tante situazioni familiari e non sul set, per motivi professionali o per interviste ufficiali, ma in quanto cugino: Igor Righetti, parente da parte della madre dell’attore Maria Righetti, giornalista professionista e docente universitario di Comunicazione, autore e conduttore del fortunato programma quotidiano “Il ComuniCattivo” su Rai Radio 1 con versioni televisive su Rai2 e all’interno del Tg1 libri su Rai1.

Il libro (212 pagine, 15 euro), a causa dell’emergenza sanitaria, è stato fatto uscire ad aprile in versione ebook mentre il cartaceo autografato dall’autore era disponibile soltanto sul sito dell’editore (www.rubbettinoeditore.it). Il libro digitale, il primo autografato mai realizzato finora, ha subito riscosso grande successo non soltanto in Italia, ma anche in Europa, Argentina, Stati Uniti e Australia, dove Alberto Sordi è tuttora molto amato.

Il volume presenta, per la prima volta, anche le testimonianze di alcuni cugini di Alberto: da parte della madre Maria Righetti e del padre Pietro Sordi. Ci sono, inoltre, i ricordi inediti di alcuni amici dell’attore che lo hanno frequentato in modo assiduo e di personaggi del cinema e della tv con i quali ha lavorato. Tra questi, Rino Barillari, Pippo Baudo, Patrizia de Blanck (con la quale Sordi ebbe una love story), Elena de Curtis (nipote di Totò), Sandra Milo, Sabrina Sammarini (figlia di Anna Longhi) e l’ex annunciatrice Rai Rosanna Vaudetti. Di grande interesse le due interviste inedite ad Alberto realizzate dal giornalista Luca Colantoni (1995) e dalla regista e produttrice cinematografica Donatella Baglivo (1997). Infine, lo storico del doppiaggio italiano Gerardo Di Cola analizza i doppiaggi degli attori ai quali Sordi ha dato la voce e i film in cui lui stesso è stato doppiato. Personaggi che, assieme a Igor Righetti, hanno contribuito a rendere pubblica la vita reale, e mai raccontata, di Alberto Sordi.

“Alberto Sordi segreto”, la cui prefazione è di Gianni Canova, rettore e professore di Storia del Cinema e filmologia all’Università IULM di Milano, è un libro che milioni di fan dell’attore attendevano da tempo per conoscere, finalmente, il lato privato del loro mito e avere le risposte alle tante domande che si sono sempre posti. Del resto, chi meglio di un familiare che ha frequentato Alberto Sordi assieme alle rispettive famiglie può conoscere veramente fatti e antefatti? Di Alberto Sordi si sa soltanto che fosse riservatissimo. Con il pubblico, a cui era molto legato e riconoscente, e con i suoi collaboratori ha condiviso la sua vita professionale, ma mai quella privata.

Il libro è l’omaggio editoriale del centenario della sua nascita e farà scoprire, per la prima volta, chi fosse il grande attore fuori dal set, dalle interviste e dalle apparizioni televisive ufficiali. Rivela, inoltre, le tante menzogne raccontate su di lui. Un volume unico sia per gli aneddoti e le curiosità sia per le decine di foto esclusive provenienti dagli album di famiglia di Igor Righetti e da Reporters Associati & Archivi. Immagini fuori dal set, durante le pause di lavorazione dei film e scatti personali mai visti.

Alberto Sordi non amava l’ostentazione e la sua vita privata era blindata. A quei parenti che ha frequentato di più ha sempre fatto una raccomandazione: “I vostri ricordi con me e con i nostri cari – rivela Igor Righetti – raccontateli soltanto quando sarò in ‘orizzontale’. Allora mi farete felice perché sarà anche un modo per non farmi dimenticare dal mio pubblico che ho amato come fosse la mia famiglia e per farmi conoscere alle nuove generazioni”.

Spiega l’autore: “Così abbiamo fatto. Io l’ho ricordato spesso nei miei articoli sui vari giornali con cui collaboro e su quelli che dirigo come ‘Mese per Mese’ e il quotidiano ‘Mesepermese.it’ nonché nei miei programmi radiotelevisivi sulle reti Rai. Ho aspettato, però, il centenario della sua nascita per celebrarlo con questo libro lontano dai luoghi comuni, dalle tante inesattezze e invenzioni dette finora da chi afferma di essere stato grande amico e confidente di Alberto, dal pressappochismo becero e dalle numerose falsità raccontate da chi ha bisogno di trarne vantaggi esclusivi. Da quando è morto sembrano diventati tutti suoi amici. Ma era davvero così? Un volume che farà scoprire a tutti coloro che hanno amato e che amano tuttora Alberto, le sue abitudini, la sua umanità verso i più bisognosi, il suo modo di affrontare la vita, il suo rapporto con la famiglia, la spiritualità, gli amori nascosti, le manie, i rimpianti, le maldicenze su di lui, con quali suoi colleghi attori c’era una certa ruggine, il suo pensiero sulla politica e sui politici. Perché Alberto è entrato nel cuore di tutti e, probabilmente, è stato ed è tuttora l’attore italiano più amato”.

Il libro viene arricchito con il cd della prima canzone dedicata a Sordi “Alberto nostro”, della quale Igor Righetti è autore, compositore e interprete assieme a Samuele Socci.

Il brano con il testo si trova sul canale YouTube Alberto Sordi Forever:

Il videoclip della canzone, invece, sarà disponibile da giugno sempre sullo stesso canale YouTube. È stato girato a Trastevere e nelle vie del centro storico di Roma care ad Alberto. Una canzone nata per integrare a livello musicale questo primo volume sulla vita privata di Alberto Sordi e per colmare il vuoto di un brano a lui dedicato. Un piacevole libro utile anche alle nuove generazioni perché la memoria storica di un grande attore come Sordi non vada perduta e, al contrario, rigeneri.

Scrive Gianni Canova nella prefazione: “Il libro di Igor Righetti ha il pregio di aiutarci a riscoprire l’attore dietro i personaggi che ha interpretato e l’uomo dietro l’attore che ha dato vita a quei personaggi. Ha il pregio di sfatare luoghi comuni. Di aprire l’album di famiglia e di svelare un Sordi inatteso. Nei suoi rapporti con il padre, con la famiglia, con le donne, con il denaro. Igor Righetti, che ha con Sordi un legame di parentela diretto, ci aiuta a entrare nelle pieghe e nei segreti della sua vita. Ma senza voyeurismo, senza pettegolezzi, senza scandalismi. Mosso da una volontà di comprensione e di narrazione che aiuta tutti noi a capire meglio come e perché abbiamo tanto amato quest’uomo di spettacolo, e l’abbiamo sentito vicino a noi anche quando non ci siamo identificati con i personaggi a cui ha dato vita”.

Perché non ha mai interpretato personaggi politici

Alberto Sordi ha interpretato tanti personaggi, ma mai i politici in quanto, diceva, che recitavano già loro e che sarebbe stata una sovrapposizione inutile. Con la sua ironia sottolineava che qualche parlamentare avrebbe meritato l’Oscar per la credibilità delle loro interpretazioni. Negli anni Cinquanta, la Democrazia cristiana gli chiese di fare il sindaco di Roma. Pur cattolico declinò l’invito. Altre proposte di entrare in politica le ricevette un po’ da tutti i partiti. Affermava che nell’Italia politica degli ultimi anni ci fosse tanta mediocrità.

Nel 1995, il critico cinematografico Tullio Kezich in un suo articolo invitò il presidente Scalfaro ad attribuire ad Alberto la carica di senatore a vita. All’epoca i politici si divisero su questa eventuale nomina: per il regista Pasquale Squitieri, senatore di Alleanza nazionale, era “un’idea splendida e legittima”, in quanto – dichiarò all’AdnKronos – “è un genio assoluto del teatro e del cinema: così lo considerano in America e nel mondo intero. È il testimone vero e reale della vita pubblica e privata dell’italiano”. Di tutt’altra opinione, invece, fu il progressista Raffaele Bertoni, presidente della commissione Difesa di Palazzo Madama, il quale affermò: “I suoi personaggi rappresentano il peggio dell’italiano. Quindi non mi sembra opportuno nominarlo senatore a vita”.

Ad Alberto fece molto piacere questa proposta e si sentì onorato. Ma la cosa non andò avanti. Il politichese e il mondo della politica erano troppo distanti da lui. Ciò che lo faceva più ridere erano le motivazioni dei politici contrari alla sua eventuale nomina a senatore a vita. Certo i personaggi da lui interpretati erano scomodi, ma reali. E proprio per questo fu anche accusato di essere anti-italiano, lui che invece amava la sua patria come la sua professione. Lui che non ha mai lasciato Roma nonostante le tante proposte ricevute dagli Stati Uniti. Neppure Alberto ha amato molti dei suoi personaggi, ma era un attore, e come maschera non interpretava certo se stesso. Si ispirava alla realtà, osservava e raccontava i mutamenti sociali del Paese. La sua vasta produzione cinematografica rappresenta una sorta di autobiografia dell’Italia. È stato quindi l’attore italiano più politicamente scorretto. Ma Alberto fece bene a non replicare mai ai suoi detrattori. Ha sempre evitato le polemiche. A differenza di tanti suoi colleghi attori e registi di ieri e di oggi, lui era fuori dal sistema, non è mai stato iscritto a nessun partito politico e con noi familiari se ne vantava (anche se sapevamo che votasse Democrazia cristiana). Non si è mai fatto strumentalizzare dalla politica per ottenere il consenso del pubblico. Era il prezzo da pagare per restare un attore libero. Anche con mio nonno e con mio padre ha sempre preferito non parlare di politica. Ci diceva che un attore che vuole fare satira come faceva lui doveva avere la mente libera, senza vincoli con nessun partito in modo da poter interpretare ogni personaggio in modo imparziale e quindi credibile. Il pensiero opposto di tanti registi e comici. Nel libro c’è anche l’intervista inedita che Donatella Baglivo, regista, montatrice e produttrice cinematografica, amica di Alberto, fece a Sordi nel 1997. Alla domanda “Che cosa mi puoi dire di Berlusconi?”, rispose: “Io non capisco come mai Berlusconi è entrato in politica, non gli mancava nulla, era già un uomo di potere, chi gliel’ha fatto fare?”.

Alcuni estratti delle rivelazioni e degli aneddoti contenuti nel libro
Perché i genitori lo chiamarono Alberto

Pietro Sordi e Maria Righetti si sposarono il 10 luglio 1910. Il loro terzogenito morì pochi giorni dopo il parto, il 24 maggio del 1916. Si chiamava Alberto. Maria non superò mai quel lutto: soltanto con la preghiera riusciva a lenire il grande dolore. Quasi nessuno, se non i parenti che furono vicini alla coppia in quel momento drammatico, conosce questo particolare. Pietro e Maria preferirono tenere questo dolore dentro di loro. Anche Alberto ne parlò soltanto una volta con mio padre, ma cambiò subito argomento. Lui sapeva che il suo nome gli fu dato proprio in ricordo del fratello scomparso. E anche per questo motivo non voleva essere chiamato Albertone.

Da dove derivano le sue due più celebri esclamazioni

Ha cavalcato a suo favore sia la leggenda dell’avarizia, interpretando anche il film “L’avaro”, sia il fatto di essere rimasto scapolo spiegandone, con la consueta ironia che lo contraddistingueva, i motivi con la celebre frase “E che, me metto un’estranea dentro casa?”. Alberto, però, rielaborò quella frase dell’amico Mario Bonnard, regista di alcuni suoi film come “Mi permette, babbo!” del 1956 e “Gastone” del 1960, con il quale spesso amava giocare a carte. Bonnard disse: “Che faccio? Mi metto un fagottone nel letto? Un’estranea in casa?”. Ad Alberto piacque molto e, con il suo modo unico di esprimere i concetti, la fece sua.

Anche la celeberrima frase pronunciata dal Marchese del Grillo Me dispiace, ma io so’ io… e voi nun siete un cazzo è una citazione dal sonetto “Li soprani der monno vecchio” (I sovrani del mondo antico) di Giuseppe Gioachino Belli (Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo) espressa da Alberto a modo suo.

I suoi vestiti comprati dalla sorella Aurelia

Il suo modo di vestire è sempre stato molto classico: giacche, completi, trench beige, grigi e marroni, nessuna concessione verso i colori accesi. Ci teneva a essere sempre elegante, ma era troppo indolente per acquistare i vestiti. Glieli comprava la sorella Aurelia che conosceva bene i suoi gusti. E poi lo shopping necessita di tempo che avrebbe dovuto sottrarre al suo lavoro.

I suoi cibi preferiti e quelli non graditi

Alberto era rimasto semplice anche nel mangiare: alle ostriche e allo champagne preferiva la bruschetta e un bicchiere di vino. E in estate non si faceva mai mancare l’anguria. Alla quantità preferiva la qualità. Cucina romana e italiana senza concessioni per quella etnica. A pranzo, nella sua casa, mangiava di solito un piatto unico: spaghetti al pomodoro con le polpette che lui adorava. Alla pasta non sapeva rinunciare: dagli spaghetti alle fettuccine, dai bucatini agli gnocchi ma sempre al sugo di pomodoro, mai in bianco. Al bando piatti pasticciati, panna e besciamella. Gli piaceva molto il pesce (ma guai a non proporglielo già pulito dalle lische) ed era goloso di Nutella che metteva pure nel caffè e latte. Con la minestra di verdure aveva un pessimo rapporto dato che era il piatto che la madre gli faceva spesso da bambino a causa delle ristrettezze economiche. Non mangiava mai i funghi in quanto lo terrorizzavano: li riteneva tutti velenosi.

Nel suo amato cinema-teatro tolti i divani di velluto voluti da Alberto e sostituiti con sedie di plastica

A proposito della sala cinematografica-teatro dove Alberto vedeva i film con, al suo interno, un vero e proprio palcoscenico, il soffitto ricoperto totalmente con bassorilievi a forma di pellicola e ai lati alcune sculture di Ceroli rappresentanti l’allegoria delle arti, lascia attoniti la recente scelta di aver sostituito i meravigliosi divani di velluto di colori diversi (voluti da Alberto) della platea con file e file di anonime sedie in plastica blu che si possono trovare in un qualunque centro congressi. Sedie che hanno tolto quel fascino voluto e pensato da Alberto con i divani di velluto che rappresentavano lo spirito e l’essenza del suo modo di concepire quello spazio intimo e raccolto a lui tanto caro. Dal 2015, tra l’altro, gli oggetti della villa sono sotto tutela dei Beni culturali. Quando si destina a museo la casa di un personaggio tutto dovrebbe restare come il personaggio ha voluto gli ambienti per evitare di creare un falso agli occhi del pubblico che, per la prima volta, la visita convinto di avere di fronte la versione originale.
Pippo Baudo: “Con il Campari soda, Alberto perdeva lucidità

sordi

Igor Righetti

Alberto era sempre molto contento di intervenire come ospite nei programmi condotti dal suo amico Pippo che stimava molto sia a livello professionale sia a livello umano. “Nei miei confronti – mi conferma Pippo Baudo – Alberto aveva un’affettuosità notevole, ci sentivamo spesso e quando lo chiamavo per invitarlo in trasmissione non facevo in tempo a concludere la richiesta che mi rispondeva: ‘Già ci sono’. Personaggi come Sordi ce ne sono stati pochi, quelli di oggi sono niente rispetto a lui. Quando passo dalla galleria Alberto Sordi, gli lascio sempre un pensiero. Con Alberto ho fatto me stesso nel film del 1985 ‘Sono un fenomeno paranormale’ con la regia di Sergio Corbucci. Tra me e Sordi c’era una affinità tale che abbiamo girato un pezzo di quasi un quarto d’ora senza la sceneggiatura, a braccio. La prima fu buona e ci salutammo. Corbucci sapeva dell’empatia che avevamo io e Alberto. Ho poi un aneddoto incredibile: quando Alberto veniva in trasmissione al Teatro delle Vittorie era affezionato a un aperitivo: il Campari soda che però gli faceva uno strano effetto, cominciava a sudare, lo faceva come ubriacare. Dietro al palcoscenico c’era sempre un bar molto fornito e quando arrivava Alberto Sordi c’era l’ordine di far sparire tutti i Campari soda per evitare in lui effetti indesiderati. E Alberto, al suo arrivo, mi chiedeva: ‘Ma i Campari soda non ci sono?’. E io rispondevo: ‘No, purtroppo non ce li danno’. Sono sempre riuscito a evitare che lo bevesse prima della diretta. Una volta, però, mi sono distratto in occasione della sua partecipazione per presentare il film “Nestore, l’ultima corsa” e lui aveva bevuto ben due Campari soda. In trasmissione, durante l’intervista, fu una tragedia: balbettava, biascicava le parole e io sentivo, essendo a due passi da lui, l’odore del Campari soda. È stata indubbiamente la peggiore performance che ha fatto. Al termine della trasmissione gli dissi: ‘Mi hai fregato Alberto’. Lui mi rispose: ‘Ti ho fregato, ma mi sono pure fregato’. Se ne era accorto di non essere in sé, di non essere lucido”.

“Nino Manfredi era veramente tirchio”

Sul tema dell’avarizia, Pippo Baudo ha un altro ricordo: “In una mia trasmissione a Taormina in cui c’erano Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi e Monica Vitti insieme, a un certo punto domandai quale fosse il loro rapporto con il denaro. E Nino Manfredi rispose da vero tirchio mentre Alberto Sordi disse: ‘Mi danno del tirchio, ma qui di tirchio ce n’è un altro’. Ed era Nino, lui era veramente tirchio. Poi, onestamente, i fatti hanno dimostrato che Alberto Sordi ha donato tutto, ha fatto il campus Bio-medico di Roma che è un capolavoro e anche all’ospedale Bambino Gesù ha dato un sacco di soldi”.

“Mi confessò che non essersi sposato fu il più grande errore della sua vita”

Alberto si aprì con Baudo anche per quanto riguarda la sua condizione di scapolo: “Negli ultimi anni era molto rammaricato di non essersi sposato e mi confessò che era stato il più grande errore della sua vita”. Questo rimpianto per non essersi sposato lo confidò anche a mio padre Alessandro. Nel periodo della malattia si sentiva irrealizzato nella sua vita più intima. Impossibilitato a continuare a lavorare aveva preso consapevolezza di aver vissuto per inseguire la sua grande passione professionale ma che, terminata la vita artistica, non aveva costruito affetti veri. “Mi confidò – continua Pippo Baudo – che un amore ce lo aveva avuto, cioè una passione che poteva essere corrisposta, ma che frenò in nome dell’amicizia… e tu sai chi è questa donna?”. Rispondo a Baudo: “Silvana Mangano”. E Baudo: “Sì, purtroppo è rimasto un amore platonico perché lei negli ultimi tempi non aveva più nessun rapporto con Dino De Laurentiis, era lontana. Indubbiamente tra Sordi e Silvana Mangano sarebbe stato un grande amore”. Baudo si emoziona a ricordare quando, nella villa di Alberto, vide in bella mostra rispetto ad altri il premio in argento che gli consegnò durante il suo programma Rai “Uno su 100”: “Cento personaggi italiani di ogni settore, dalla musica al cinema, dalla scultura e al teatro – mi racconta Baudo – si contendevano il premio. I finalisti furono Alberto Sordi e Giulio Andreotti. Nella finale il pubblico votò il personaggio preferito. Vinse Sordi. E Andreotti ne fu contento”.

sordiIl suo rimpianto più grande: non essere stato candidato dall’Italia agli Oscar

Alberto ha interpretato con maestria ruoli drammatici e comici raccontando l’Italia e gli italiani. Nella sua lunga carriera artistica durata oltre sessant’anni e con più di 200 film all’attivo (ma lui stesso ne aveva perso il conto) ha ricevuto tanti riconoscimenti prestigiosi (nove David di Donatello, sei Nastri d’argento, un Orso d’oro e un Orso d’argento a Berlino, un Golden Globe e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia) ma mai l’Academy Award. E aveva un rimpianto: quello di non essere stato candidato dall’Italia agli Oscar. Ma lui ci sperava ancora ad averne uno. Ci raccontò che Charlie Chaplin lo aveva ricevuto a 83 anni. Alberto, invece, è morto a quasi 83 anni, ma l’ambita statuetta non è mai arrivata.

Per colmare questa grave mancanza, assieme all’Associazione “L’Arte di Apoxiomeno” e al suo presidente e direttore artistico dell’Apoxiomeno International Award Orazio Anania, mi sono attivato affinché venga presa in considerazione dall’Academy la possibilità di assegnare l’Oscar alla carriera o un Premio alla memoria ad Alberto, uno dei nostri maggiori protagonisti della cinematografia italiana.

Una soddisfazione, postuma, Alberto l’ha avuta a marzo del 2003, un mese dopo la sua morte: in un filmato in cui comparivano grandi attori e registi scomparsi come Billy Wilder, Rod Steiger e Dudley Moore apparve l’immagine del suo volto in una sequenza del film diretto da Ken Annakin “Quei temerari sulle macchine volanti” del 1965.

Perché l’Italia non lo ha mai candidato all’Oscar? A questa domanda mi rispose che il fatto di essere così popolare e così amato da tutte le fasce di età e di ceto sociale avevano giocato a suo svantaggio: per gli snob della cultura queste caratteristiche nazional-popolari sono viste come negative. In effetti, Alberto non ha mai amato i critici cinematografici, a eccezione di alcuni. Diceva spesso: “In Italia i critici si commuovono soltanto davanti ai sarcofagi. Basti pensare che cosa hanno fatto con Totò, lo hanno beatificato soltanto dopo la sua morte”. Molti critici cinematografici italiani avevano massacrato le interpretazioni di Alberto sia all’inizio della sua carriera sia durante tutta la sua intensa attività artistica. Interpretazioni che invece erano state osannate, per esempio, dai critici di altri Paesi come la Francia e che avevano avuto grande apprezzamento da parte del pubblico e quindi grandi incassi.

Sabrina Sammarini, figlia di Anna Longhi: “Sordi aiutò tanto mio fratello Maurizio gravemente malato”

Anna Longhi e Alberto Sordi nacquero entrambi nel rione di Trastevere. Alberto, come ricordava Anna Longhi, le cambiò la vita. Anna, al centro di produzione Safa Palatino, si occupava della pulizia dei camerini, faceva la sarta e la custode degli averi degli artisti. Alberto si fidava di lei e si accorse che sarebbe stata una caratterista perfetta. Le fece fare un provino, anche se lei non era d’accordo, e la scelse tra ottanta donne. E così debuttò al cinema accanto ad Alberto come divertente moglie “buzzicona” nell’episodio “Le vacanze intelligenti” del film “Dove vai in vacanza” del 1978, poi ne “Il tassinaro” (1983) e “Un tassinaro a New York” (1987), tutti diretti da Sordi. Dal matrimonio di Anna Longhi nacquero tre figli: Sabrina, Orietta e Maurizio, morto a 33 anni. Nel 2010, assieme alla figlia Sabrina e alla nipote Ambra, aprì a Ostia Lido l’osteria di cucina tipica romana “Buzzicona”. Anna Longhi morì a Roma nel 2011, a 76 anni. È sepolta al cimitero del Verano di Roma, a poche centinaia di metri dalla tomba di famiglia di Alberto Sordi. Vicini fino alla fine.

La figlia di Anna Longhi, Sabrina Sammarini, ricorda: “Furono le segretarie di produzione a convincere mia madre a fare l’audizione con lui. Le dissero: ‘Tanto che cosa ci perdi?’. Il provino fu uno spasso. Mamma doveva seguire Sordi in un capannone enorme, vuoto, del centro di produzione. Le chiese di essere se stessa, di dire qualunque cosa, pure le parolacce. A un certo punto, guardando il soffitto, lui esclamò: ‘Vedi quanti prosciutti, quanti salami che ci sono?’. E mia madre con estrema franchezza e naturalezza rispose: ‘Per la verità io non vedo un cazzo’. Lui l’aveva osservata tanto, tutti i giorni prima di pensare a lei come sua partner cinematografica. È grazie a lui che abbiamo scoperto il talento di mia madre. Il signor Sordi era un genio”.

Racconta Sabrina Sammarini: “Già a 9 anni stavo sulle ginocchia del signor Sordi. Era una persona buona e generosa. Gli volevamo molto bene e lui lo voleva a noi. Mi propose anche di diventare la sua segretaria e seguirlo. Lo ringraziai tanto per la fiducia ma gli dissi che volevo fare la mamma. La mia vita sarebbe stata stravolta. Chi dice che fosse avaro non lo conosceva affatto o lo invidiava. Il signor Sordi aiutò tanto mio fratello Maurizio, gravemente malato, si informava con i medici dell’ospedale Gemelli sulle sue condizioni di salute, era molto presente ma voleva sempre restare nell’ombra. Sapeva che mia madre aveva speso tutti i suoi guadagni per le cure di Maurizio. Con mia mamma andavamo spesso nella villa a trovarlo. A volte il signor Sordi la chiamava anche soltanto per prendere un caffè o un tè da lui oppure, al mattino, andavano in chiesa insieme. Le volte che sono stata nella villa ho sempre trovato le porte delle stanze chiuse a chiave. Questa cosa mi colpì molto e chiesi al signor Sordi il motivo. Lui mi rispose che non voleva che nessuno curiosasse”.

Il giallo della lettera che Sordi scrisse ad Anna Longhi

“Ricordo che prima di Natale del 2002 – mi ha rivelato la figlia di Anna Longhi – il signor Sordi chiamò mia madre e le chiese di andare da lui. Mamma andò alla villa e ci raccontò di averlo trovato molto dimagrito, quasi irriconoscibile. Rimase talmente impressionata che si sentì male. Lui le mostrò una lettera: le disse che era per lei. Ma mia madre, viste le condizioni del signor Sordi, non ce la fece a prenderla. Lo ringraziò, gli disse che lui aveva già fatto tanto per lei e provò invece a rincuorarlo. La signorina Aurelia, poi, chiamò mia madre per darle questa lettera, ma mamma non andò a prenderla. Dopo la morte del signor Sordi mia madre si sentiva spesso con Aurelia, fino a settembre 2010. Da quel momento i domestici non gliel’hanno più passata al telefono dicendo che Aurelia era fuori casa, non stava bene o stava dormendo. L’ultima volta che la sentì, mia madre mi disse di aver intuito che la signorina non stesse bene, Quella lettera sparì e il suo contenuto è rimasto un mistero. Non sapremo mai che cosa il signor Sordi avesse scritto a mia madre. Mi diceva che quando sognava Alberto Sordi le portava fortuna: la chiamavano per un film o per altri lavori. E lei, allora, giocava la data di nascita di Sordi e prendeva sempre l’ambo e il terno. Il signor Sordi continuava a starle vicino da lassù”.

Il rapporto con Carlo Verdone

Nel mio elenco degli amici di Alberto in molti si stupiranno di non trovare il nome di Carlo Verdone, figlio del critico cinematografico Mario Verdone, padre anche di Silvia, moglie di Christian De Sica.

A noi familiari, come anche alla contessa Patrizia de Blanck, Alberto rivelò di non essersi trovato bene sul set del film “Troppo forte”. Ci disse che Verdone aveva avuto paura di essere oscurato da lui in un film diretto da Verdone stesso. Di lui non ci disse altro.

I fatti parlano chiaro: dopo quel film non lavorarono mai più insieme. Quello che colpisce è che da quando Alberto è morto, Carlo Verdone si è imposto sui media come il suo più grande conoscitore rilasciando interviste su qualunque mezzo di comunicazione. Lo abbiamo visto all’interno della villa di Sordi indossare i cappelli usati da Alberto nei suoi film, mostrare a tutti il guardaroba personale del grande attore, si è fatto fotografare alla guida della Fiat 124 familiare che Agnelli regalò ad Alberto. Nel 2013, in occasione dei dieci anni dalla scomparsa di Sordi, Carlo Verdone assieme al fratello Luca, realizzò il documentario “Alberto il Grande” dove, per la prima volta, mostrò al pubblico la villa di Sordi. Chi conosceva bene Alberto sa che non aveva mai fatto entrare né fotografi né telecamere all’interno del suo “rifugio”. Le telecamere dei fratelli Verdone “frugarono” in tutte le stanze: dalla barberia alla camera da letto fino alla stanza guardaroba indugiando sui completi, sulle giacche e sui cappotti che indossava.
“Troppo forte”, Carlo Verdone su Sordi: “Aveva una paura matta di non far ridere più. Il personaggio me l’ha rovinato!”

Carlo Verdone e Alberto Sordi insieme fecero soltanto due film: “In viaggio con papà” nel 1982, per la regia di Sordi, e “Troppo forte” nel 1986, diretto da Verdone. Ma nel secondo film, Sordi non era stato contemplato da Carlo Verdone.

Lo rivelò Verdone stesso, diversi anni dopo la morte di Sordi, in una video-intervista che si trova su YouTube e in un’altra intervista a “Il giornale off.it” ripubblicata sullo stesso il 3 settembre 2014 a firma di Francesco Sala: “Sordi non doveva fare il film. Io volevo Leopoldo Trieste per il ruolo dell’avvocato. Poi, il produttore del film, non so, cose loro, forse un contratto rimasto in sospeso, mi chiama e mi fa: ‘Il film lo fa Sordi!’. E io: ‘Ma non c’entra niente!’. Abbozzai. Dovetti abbozzare con Sordi e lui fece di tutto per far ridere ancora. Aveva una paura matta di non far ridere più, di venire scavalcato da questa ondata di nuovi comici. S’è messo a fare la voce di Oliver Hardy, quei gesti strampalati quel ‘Di di da da…’. Il personaggio me l’ha rovinato! Non parlo volentieri di quel film, anche se so benissimo che i miei fan lo amano per tutta una serie di assoli: la palude del caimano, l’anaconda, il flipper, per me rimane un episodio, un compromesso. Se io mi mettessi a rifare alla mia età, continuamente, le voci dei miei personaggi di trent’anni fa direbbero: ma che fa Verdone? È patetico”.

L’uscita di Verdone contro Sordi fece (e fa tuttora) indignare i fan di Alberto. Lascia attoniti e amareggiati il modo con cui si espresse su Alberto. Il diritto di critica è sacrosanto, per carità, ma le espressioni e i toni usati da Verdone colpiscono. Entrambe le interviste furono rilasciate da Verdone molti anni dopo la morte di Alberto che così non ha mai potuto replicare. Anche Alberto non si trovò affatto bene a lavorare con lui in quel film, ma non lo ha mai detto pubblicamente. È una questione di stile e di eleganza. Nel cinema, come in altri settori, accade spesso di non trovarsi bene sul set con altri attori. E quando ciò avviene (come in questo caso) l’unico modo per evitare che succeda di nuovo è evitare di ritrovarsi in situazioni analoghe. Cosa che poi è accaduta. Verdone avrebbe potuto risparmiarsi almeno i commenti sull’interpretazione di Sordi che, invece, ha dato al film, a detta di tanti, una marcia in più. Chi fa cinema, poi, sa perfettamente che un nome di grande popolarità e molto amato fa sempre bene a un film e che i produttori pensano anche al botteghino.

Nel 2001, Alberto Sordi aveva affidato all’attuale cardinale Gianfranco Ravasi la “Fondazione Alberto Sordi per i giovani” mettendo nel consiglio di amministrazione personaggi illustri come il presidente di Bnl Luigi Abete e del mondo accademico, i professori Schlesinger e Guarino. Alcuni anni fa, però, il cda fu completamente rinnovato: presidente diventò Carlo Verdone.

“L’Italia doveva essere turistica e agricola, adesso sarebbero tutti occupati”
L’intervista inedita del 1995 di Luca Colantoni ad Alberto Sordi

Nel febbraio 1995, l’amico e collega giornalista Luca Colantoni, lo intervistò. Una lunga chiacchierata con lui pubblicata integralmente, per la prima volta, sul libro. Le riflessioni di Alberto sono talmente attuali che sembrano di questi giorni.

Alla domanda di Luca Colantoni, che cosa non si è fatto in Italia, Alberto rispose: “L’Italia non ha seguito un tipo di politica che doveva essere turistica e agricola perché il nostro è un Paese che si basa sul turismo e sull’agricoltura. L’avesse fatto probabilmente adesso saremmo una nazione senza problemi dove tutti sarebbero occupati, da Nord a Sud”.
Il video con l’ultimo saluto di Alberto al suo pubblico

“Adesso speriamo che quello lì che fa la mia imitazione sulla poltrona si ravveda perché non è neanche un’imitazione”

Della sua vita privata era talmente geloso che non parlò mai pubblicamente della malattia contro la quale combatteva da tempo. È uscito di scena all’improvviso e in silenzio. A dicembre del 2002, tre mesi prima della sua morte, Alberto, con un filo di voce, visibilmente sofferente, affaticato e dimagrito in vestaglia da notte sulla poltrona del suo studio con la coperta sulle gambe, si scagliò in un video contro il suo imitatore televisivo senza neppure dargli la soddisfazione di nominarlo con nome e cognome. Il filmato fu trovato dal giornalista Enzo Coletta che lo pubblicò su YouTube per condividerlo con i milioni di fan di Alberto, suscitando una commozione profonda da parte degli internauti. Il video, intitolato “L’ultimo saluto di Alberto Sordi”, dura 10 minuti e avrebbe dovuto essere proiettato soltanto per il pubblico del teatro Ambra Jovinelli di Roma dove, il 17 dicembre del 2002, fu organizzata una serata in onore di Sordi all’interno del programma di Roma Film Festival. Per l’occasione furono proiettati 30 suoi film scelti e messi a disposizione da Alberto (dalle sue copie personali) per il pubblico romano.

Per motivi di salute non poté parteciparvi e quindi registrò il video che si conclude con un bacio verso tutto il suo pubblico. Sordi cominciò il suo intervento con un’ironia amara e un’espressione severa parlando del suo imitatore televisivo che non ritenne degno neppure di citazione. Naturalmente si riferiva a Max Tortora.

Queste le parole di Alberto: “Da come sono vestito potete immaginare che cosa ho. Ma quello che fa la mia imitazione in televisione, che non mi dispiace qualche volta perché mi somiglia pure, mi ha messo su una poltrona con la coperta e da allora mi sono sentito dei dolori e mi ha bloccato. Ahò (in romanesco viene utilizzato per apostrofare qualcuno con stizza o risentimento, nda), non ce lo mettete più. Io non sono vestito in modo elegante come la serata che si svolge in questo grande e tradizionale teatro romano al quale sono legato da ricordi lontani della mia giovinezza. Il mio rammarico forse è più grande del vostro per non essere con voi questa sera a onorare questa bella iniziativa, questa rassegna Roma Film Festival a cui avrebbe dovuto partecipare almeno colui che festeggiano, che sono io, mentre mi trovo miseramente qui su una poltrona per dirvi scusatemi, perdonatemi, io non ho colpa per ciò che è avvenuto. Un’indisposizione che non mi permette né di camminare né di muovermi tanto meno di fare il saltino. Perciò, se non faccio il saltino, se non individuano subito di persona Alberto Sordi sul palcoscenico è inutile presentarsi. Ho mandato questo video proprio per farmi perdonare da voi. D’altronde io sono un attore cinematografico da tutta una vita, andare sul palco per me è un piacere e una gioia immensi. Quando posso vado a incontrare il pubblico perché sento la mancanza del teatro che da oltre quarant’anni non faccio più. Spero di guarire prestissimo e di trovare un’altra occasione importante per potervi chiarire che il pubblico per me è una grande famiglia. Da tutta una vita la mia famiglia è il pubblico, ho rispetto per il pubblico, voglio bene al pubblico e faccio tutto quello che è possibile per aiutarlo. Adesso ho istituito la ‘Fondazione Giovani Alberto Sordi’: gli anni degli inizi per me sono stati durissimi perché non ti capiscono, ti mandano via, ti cacciano da una porta e rientri da una finestra. Conosco bene il supplizio di un giovane che sente di avere delle attitudini ma nessuno lo scopre, nessuno gli fa fare qualche cosa per potersi mettere nelle condizioni di dire ecco finalmente adesso sono un attore. Io devo tutto al pubblico, per me è stato determinante. Se non ci fosse stato il pubblico avrei continuato con questi dell’ambiente che magari non mi capivano. Il pubblico alle prime proposte ha manifestato subito il gradimento che mi ha permesso di iniziare e conseguire una carriera lunga e interminabile che dura ancora oggi. Mi dispiace che il coronamento di oltre mezzo secolo di carriera che questa sera potevamo festeggiare insieme non è avvenuto, ma spero duri poco questa indisposizione e mi permetta di poter stare con voi e manifestare tutto il mio benessere perché vi voglio bene e perché quando dico che voi avete determinato il mio successo è così. Per cui spero di poter ripagare quello che voi mi avete donato. Spero che mi venga permesso di manifestarlo in molte cose come questa della Fondazione dedicata ai giovani che così non avranno più l’incubo di non essere capiti e non soffriranno molto, ma saranno finanziati avendo loro attitudini. Io voglio che i giovani con talento e che possono diventare grandi attori siano aiutati da questa ‘Fondazione Giovani Alberto Sordi’, che gli permetta di cominciare come ho fatto io questa carriera. Questa manifestazione è interessante e molto divertente, ci sono molti miei film ai quali voglio bene come la grande famiglia del pubblico, questi film sono miei figli e li ho sempre fatti con l’intento di essere gradito dal pubblico. Il pubblico non deve mai essere deluso. Film di quarant’anni anni fa sembrano fatti ieri. Il pubblico è per questo che continua ancora ad aiutarmi e a sostenermi, oggi anche fisicamente, per dire grazie Alberto per quello che ci hai dato e io da parte mia dico grazie al pubblico che mi ha permesso di durare così tanto. Un abbraccio, grazie, ci vedremo presto”.

Poi, però, Alberto fece una pausa e con il dito indice accusatore concluse il suo intervento pensando sempre al suo imitatore televisivo. Ancora una volta non lo nominò e, sempre rivolgendosi al suo pubblico, disse: “A quello lì che fa la mia imitazione e che sta sulla poltrona con la coperta ditegli che si muova, qualche volta sono indicazioni, adesso speriamo che lui si ravveda perché non è neanche un’imitazione”.

Il suo ultimo pensiero pubblico lo rivolse quindi a “quello lì”. Alberto morì due mesi dopo quel filmato. Stava male da tanto tempo e quell’imitazione la trovava di pessimo gusto e, da superstizioso, la riteneva foriera di sfortuna per lui. Ironia della sorte, però, dopo alcuni anni dalla morte di Alberto, Max Tortora ricevette il Premio Alberto Sordi istituito dalla Fondazione Alberto Sordi (la prima delle tre Fondazioni, quella dedicata agli anziani, istituita e voluta da Alberto nel 1992). Chissà che cosa ne penserebbe Sordi!

Ci è voluta la scomparsa di Alberto per far “ravvedere” Max Tortora. Da quel giorno ha smesso di fare l’imitazione nei ben due programmi televisivi (Rai e Mediaset) in cui lavorava.

Su “La Repubblica” del 26 febbraio 2003, dichiarò di non aver mai parlato ad Alberto della sua imitazione: “So che non stava bene – spiegò Tortora – chiedevo notizie ai pochi che potevano contattarlo, Carlo Vanzina mi teneva informato. Ma mi fa piacere sapere che Sordi non disapprovava quello che facevo. Ecco, la sua mancata critica è il più grande complimento”. Invece, in quel video, Sordi dimostrò di disapprovare eccome.

Il 25 febbraio 2003, il giorno dopo la morte di Alberto, a TgCom24 Max Tortora affermò: “Non ho mai avuto la necessità di chiamarlo e chiedergli un parere sulla mia imitazione perché non volevo rompergli le scatole, ho sempre rispettato la sua esigenza di privacy e riservatezza”. Dalle parole di Alberto, invece, avrebbe dovuto sentirlo.

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Il Gruppo ViviRoma fondato da Massimo Marino nel 1988, nasce come giornale murale per ampliarsi nel tempo in un magazine, TV e WEB.

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