Le altre sale
La Grande Loggia fu completata nel 1543, così come attesta l’iscrizione dorata nella lunetta della parete interna, qui posta per volere di Paolo III Farnese.
Questo papa era uno dei più grandi mecenati del Cinquecento. Venne infatti educato nella raffinata corte di Lorenzo il Magnifico a Firenze. Fu colui che commissionò a Michelangelo il Giudizio Universale nella Cappella Sistina, che poi lasciò anche qualche decorazione qui a Castel Sant’Angelo.
La loggia venne concepita come ingresso per gli appartamenti papali privati, decorati da Girolamo Siciolante da Sermoneta. Questi riproducono in maniera eccelsa alcuni episodi della vita dell’imperatore Adriano.
Altre immagini invece ripropongono alcuni monumenti che l’imperatore fece costruire, compreso il suo Mausoleo. Da questo punto originariamente si potevano ammirare le distese dei campi, oggi scomparsi per dare spazio al quartiere Prati, che venne edificato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando Roma divenne capitale del Regno d’Italia.
La Cagliostra è un ambiente che risale al 1543. Si tratta del piano superiore di quella che era la stanza di Paolo III. Aperta con arcate verso l’esterno, queste furono murate nel XVIII secolo per ricavarne uno spazio chiuso da destinare a prigione per i detenuti di riguardo.
Lo stemma di Paolo III Farnese (1534-1549), si trova sulla scala di ingresso, sopra a quello del castellano Mario Ruffini, colui che fu incaricato di seguire i lavori di edificazione del piccolo appartamento papale. Questo è composto da tre vani: uno centrale molto ampio e due camere laterali, note come Gabinetto del Delfino e della Salamandra e Gabinetto della Cicogna, che prendono nome dagli emblemi araldici di Paolo III.
La decorazione è in stile grottesco, dipinta su fondo bianco, sul soffitto dei camerini e sulle pareti del vano centrale oltre che sulla scala di accesso. Le raffigurazioni ripropongono scene mitologiche tra cui l’ebbrezza di Dioniso e Apollo con Marsia. Sono opere di Luzio Luzi e di Perin del Vaga, realizzate tra il 1545 e il 1546 attraverso una tecnica mista a fresco e a secco.
La denominazione Cagliostra si lega a vicende successive, quando venne rinchiuso qui il celebre alchimista Giuseppe Balsamo detto Cagliostro, che nel 1789 fu processato per stregoneria e massoneria.
Sulla parete del vano centrale sono appesi due grandi medaglioni di forma circolare in terracotta invetriata prodotti dalla bottega dei Della Robbia del XVI secolo. Uno ha una cornice a fiori, frutti e foglie con al centro un’aquila; l’altro sei putti alati che circondano una ghirlanda esterna nella quale c’è lo stemma dei Farnese.
Il Gabinetto del Delfino e della Salamandra, ospitano il ritratto di Prospero Farinacci, eseguito nel 1607 dal celebre pittore Giuseppe Cesari, più noto come il Cavalier D’Arpino. Ritrae il celebre giureconsulto ed avvocato che difese Beatrice Cenci e che poi aiutò anche lo stesso pittore a rientrare in possesso del proprio patrimonio confiscato a causa di una detenzione illecita di armi. Un vizietto che evidentemente aveva in comune con il suo rampollo Caravaggio. Il Merisi infatti operò per un po’ di tempo nella sua bottega quando arrivò a Roma. Scontento di dover dipingere solo ghirlande e frutta, Caravaggio se ne andò litigando con il suo datore di lavoro. Al Cavaliere rimasero però due opere di Caravaggio Il Bacchino malato e il Ragazzo con il canestro di frutta. Dapprima sequestrate, le due opere furono poi vendute a Scipione Borghese.
Il ritratto al giureconsulto è probabilmente una forma di pagamento del d’Arpino per il servizio ricevuto.
Dell’appartamento di Paolo III fanno parte anche la Sala dell’ Adrianeo, così chiamata perché qui vennero trovati alcuni dipinti che riproducevano il mausoleo dell’imperatore.
In questo spazio troviamo la Sala della Biblioteca e la Sala dei Festoni. Nel fregio qui presente, Luzio Luzi tra il 1544 e il 1545 realizzò otto scene a tema mitologico. Vi troviamo raffigurate cariatidi e telamoni barbuti, ma anche vedute di monumenti dell’antica Roma che all’epoca della realizzazione del dipinto sorgevano ancora intorno a quest’area. Si riconoscono il Mausoleo di Adriano, la Naumachia di Domiziano, la Piramide vaticana, o Meta Romoli, il Circo di Caligola e Nerone. L’ obelisco che si vede è quello oggi visibile a Piazza San Pietro.
Nella Sala dei Festoni sono presenti cortei di tritoni e nereidi danzanti, insieme a figure maschili e femminili alternate ad unicorni. Tutto è eseguito con uno stile antico, ispirato all’esperienza raffaellesca. In origine la sala aveva il legno dipinto in oro e argento, ma questo andò distrutto a causa di un incendio divampato in occasione della Girandola, lo spettacolo di fuochi d’artificio che ebbe un grande successo negli anni. A partire dal Quattrocento, veniva riproposto in occasione di feste e celebrazioni sulla sommità del Castello.
La Sala Rotonda è quella identificata come la vera cella sepolcrale dell’imperatore Adriano, proprio qui era posto il sarcofago in porfido di cui oggi si conserva solo il coperchio, trasformato in una fonte battesimale all’interno della Basilica di San Pietro.
In origine questo ambiente formava un corpo unico con quello superiore e dunque era molto alto. La divisione attuale risale al medioevo, quando Paolo III fece rivestire la sala con armadi in noce per conservare documenti dell’ Archivio dello Stato pontificio e dell’ Archivio segreto. Da questo deriva l’attuale forma poligonale. Nel 1585 Sisto V decise di collocarvi degli oggetti preziosi, un vero e proprio tesoro in denaro da utilizzare in caso di necessità. Da allora si chiama la Sala del tesoro. All’interno si scorge un gigantesco forziere munito di sei serrature, che si aprono ognuna con una chiave differente.
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