Teatro degli Audaci
di Edoardo Erba
Con Paolo Battisti, Ilario Crudetti, Serena Renzi, Andrea De Luca
Regia Antonello Stroveglia
Appena entrati in sala si capisce subito che la quarta parete è stata abbattuta. La prima fila viene eliminata per dare spazio alla scena. In terra troviamo quei teli di robusta plastica trasparente usati solitamente per proteggere mobili e pavimenti dalla povere o dalle vernici.
Il sipario è aperto e quello che appare chiaro allo spettatore, è che siamo davanti alla riproduzione di un cantiere disordinato e sporco. Ilario e Paolo entrano dal fondo della sala scegliendo la soluzione del metateatro, scendono tra gli spettatori verso il palco.
Non devono fare rumore né farsi notare perché clandestinamente stanno per cominciare un lavoro non autorizzato. Così, scendono nel buio della sala incespicando alla ricerca del cantiere.
Loro sono Fiore (Paolo Battisti) e Germano (Ilario Crudetti), i due muratori chiamati per erigere un muro all’interno di un vecchio teatro che sembrerebbe abbandonato. Il proprietario di un supermercato confinante chiede ai due, dietro lauta ricompensa, di ampliare il suo spazio ai danni del teatro per farne un magazzino. Per realizzarlo verrà soppressa una parte dello spazio della scena.
Si tratta però di un abuso edilizio che i due hanno accettato dopo aver costituito una società che sperano coroni il sogno di migliorare la loro situazione economica.
Ma il lavoro sarà interrotto dall’apparizione di un’irreale quanto onirica figura femminile che sembra arrivare da un altro tempo. Si tratta della signorina Giulia (Serena Renzi), la Julie del dramma di Strindberg che continua a portare in scena, in una sorta di loop, il dramma teatrale in cui è coinvolto il suo opportunista ed egoista servitore Jean (Andrea De Luca). Prima Germano e poi Fiore incontreranno Giulia separatamente. Infatuati, perderanno il raziocinio ammaliati da questa dolcissima donna che sembra condannata a cercare l’amore senza trovarlo, incappando sempre in uomini sbagliati.
Sono molte le cose apprezzabili di questo spettacolo. La storia, riadattata dal regista Antonello Stroveglia, che ha reso più comprensibile la figura di Giulia per chi non conoscesse il dramma svedese. Bella l’idea di optare per il metateatro infrangendo la quarta parete e coinvolgendo gli spettatori. I personaggi entrano ed escono di continuo mentre li vedrete piazzare un blocchetto dietro l’altro per erigere il muro con gestualità realistiche E da professionisti.
Interessante e riuscito l’accavallamento delle due tipologie di recitazione: mentre Paolo ed Ilario usano un corposo dialetto romano marcandone la matrice comica, Andrea e Serena optano per una recitazione shakespiriana o cechoviana, enfatizzando l’ approccio teatrale.
La cosa si fa ancora più divertente quando questa si incontra e scontra con l’approccio dei due operai. Ne viene fuori un confronto divertentissimo nel quale non mancano preziosi momenti drammatici.
Azzeccati i vestiti degli operai, con tanto di scarpe antinfortunistica, mentre suggestivi ed eleganti risultano quelli delle due figure oniriche, che dagli abiti e dal modo di esprimersi si rifanno all’ epoca ottocentesca.
Altra piacevole perla è la scenografia che muta efficacemente durante la storia. Alla riapertura del sipario di quello che sembra il finale di un primo atto troveremo il muro, che prima era appena abbozzato, quasi terminato e realizzato in maniera assolutamente realistica. Saremo immersi poi in un’ennesima trasformazione che renderà tutta la scena particolarmente irreale.
Ilario e Paolo si equivalgono in questa divertente rincorsa alla battuta, con momenti di botta e risposta continui. Battute semplici ma naturali ed efficaci in cui si inseriscono attimi di tensione che spezzano l’euforia per poi recuperarla con estrema classe e bravura.
Andrea e Serena utilizzano un modo di esprimersi più articolato e signorile, altezzoso e formale. Così, la gestualità e l’espressività risultano vivacemente teatrali e volutamente forzati, evidenziando le loro doti artistiche.
Andrea gioca con il doppio ruolo di innamorato e poi di egoista opportunista, alternando le due identità con molta efficacia.
Serena è dolcissima, leggiadra, romantica, elegante, fine, delicata, trasognante ed ingenua, divertente e al contempo drammatica.
Ma questi due singolari personaggi esistono o sono frutto di un sogno o di un’allucinazione dei due operai? Sono uno scherzo di cattivo gusto ai due operai di frodo o questi sono attori imprigionati nel lugubre teatro dismesso, o ancora fantasmi senza pace? Oppure sono semplicemente individui che provengono da una dimensione parallela che prepotentemente irrompe nella realtà dei due? O forse sono i due operai che hanno invaso questa abbattendo maldestramente una barriera virtuale durante i lavori?
L’idea del teatro che viene riutilizzato da un supermercato non è così inverosimile. Chissà che quella di Erba sia una piccola rivalsa su questa realtà. Molti teatri e cinema hanno chiuso e alcuni hanno fatto proprio questa fine, la cultura e l’arte è stata fagocitata dagli interessi del commercio alimentare. Il Teatro dell’Angelo, il Salone Margherita e altri sono oggi stati tristemente trasformati in forniti supermercati.
Così, questo brillante e tenero spettacolo sembra voler soffocare un urlo di rabbia e di denuncia verso l’infelice realtà e trasformare questo senso di impotenza e malinconia con una storia deliziosa ed emozionante. In questa proposta si può trovare il sapore de “Il Fantasma dell’Opera” o de “La Rosa purpurea del Cairo” o il “Mostellaria” di Plauto. Se poi non è un teatro o non si tratta di un fantasma, troviamo comunque una forte corrispondenza con il dramma di Julie, che prende vita dal triste scontro delle diverse classi sociali del periodo in cui vive la donna. Piacevole, ben fatto, divertente e toccante.
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