Teatro Tor Bella Monaca
di Carmen Di Marzo
regia Paolo Triestino
con Edy Angelillo, Paolo Giovannucci, Carmen Di Marzo
scene Francesco Montanaro
costumi Lucrezia Farinella
luci Alessandro Nigro
foto Matteo Montaperto
organizzazione Alessandra Cotogno
aiuto regia Valentina Maselli
Molto particolare, questo spettacolo. Inizia dando l’idea di una simpatica commedia, poi subentra la parte riflessiva e infine quella introspettiva. Indubbiamente riesce a spiazzare, soprattutto per l’inaspettata e continua evoluzione. Il lento crescendo porta efficacemente ad uno sviluppo insolito coronato da un finale inatteso. È il bello del teatro.
La storia coinvolge una vedova e sua figlia. Capiremo che il loro marito e padre era un uomo di spessore che amavano e che per questo ha lasciato un grande vuoto. Le due donne vivono insieme e gestiscono un negozio, sostenendosi l’un l’altra per colmare la mancanza.
A scombinare tutto sarà un amico di famiglia, una persona che ha un evidente bisogno di aiuto. Non che non si meriti il suo stato attuale, tutt’altro: sposato, tradisce la moglie di continuo finché lei, stanca, lo lascia. Lui ne esce distrutto, disperato e depresso, e anche se resta un inguaribile donnaiolo, cerca di riconquistarla.
Le due donne lo accolgono in casa per amicizia, per compassione, forse per senso materno o perché, come spesso accade, anche in loro c’è una crocerossina che deve prestare aiuto. Inoltre, con i soldi dell’affitto possono vivere più tranquille, visto che dopo la dipartita del capofamiglia non se la passano benissimo. Di certo, sembrano molto spontanee ed interessate a salvaguardare la salute emotiva dell’amico.
Dall’entrata in scena dell’uomo, però, accade qualcosa che squilibra tutto. Ci si pone davanti a dei quesiti: quanto c’è di sconosciuto dentro di noi? E dietro il sorriso e le cortesie di un amico? Cosa c’è nel profondo dell’animo di due donne che hanno perduto il loro affetto più grande? Come si gestisce un lutto? E un fallimento matrimoniale?
Conosciamo le donne e comprendiamo subito il grande feeling e affetto che le unisce; sono complici e molto unite, Carmen ed Edy. Sono deliziose, amorevoli, a volte preoccupate per la situazione economica.
Quando entra in scena, Paolo si rivela molto indeciso, maldestro, disorientato. Le sue continue gaffe strappano qualche sorriso ed inteneriscono lo spettatore. Le donne, è palese, con la loro accoglienza protettiva colmano la mancanza emotiva sofferta; nonostante la premura mostrata all’ospite, non si lasciano però scappare l’occasione per criticarlo e rimproverarlo, sottolineando che la sua disperazione è il frutto del suo atteggiamento libertino e superficiale.
La musica martellante di sottofondo, insieme ad effetti laser tipici di una discoteca che definirei cinematografici, accompagnano tutto lo spettacolo rendendolo suggestivo e piacevolmente atipico. La musica, a tratti fastidiosa, irrompe prepotentemente per dividere una scena dall’altra in maniera decisa. È adatta più ad un adolescente che ad accompagnare la vita di un adulto, ma essendo Paolo piuttosto infantile ed immaturo nei suoi comportamenti, diventa la sua colonna sonora, un inno alla sua superficialità.
La scenografia è semplice, essenziale, con arredi metallici, freddi e vuoti come l’essenza del protagonista. Sono coperti da una pellicola trasparente, come se l’ambiente in cui si muovono i personaggi debba rimanere distaccato, asettico e protetto ma anche bloccato come la crescita di Paolo.
La trasparenza evidenzia l’assenza di sostanza. Intrappolati in questa confusa gabbia di sentimenti che mutano continuamente, i tre interagiscono prima affettuosamente, poi aspramente come mosche che sbattono sulle pareti. Quando non sono in scena, poi, la regia li relega in un angolo, spegnendoli come burattini a cui sono stati tagliati i fili, forse per permettergli una profonda riflessione su loro stessi, o forse per scontare un castigo per quello che hanno fatto o che faranno…?
Quello che colpisce sono le dinamiche, dove nulla è come sembra. L’uomo cela la sua vera essenza che le situazioni, precipitando, faranno emergere. Non è così piacevole, tenero ed indifeso come sembrava; tutt’altro, nasconde in sé un lato oscuro.
L’atteggiamento muta drasticamente in modo crudo, fastidioso, violento, lasciando interdette ed intimorite le donne che non si sentono più sicure a casa loro ma profanate, violate. Sembrerebbe di trovarsi davanti un eterno peter pan e la classica donna materna ed iperprotettiva, ma anche una fastidiosa manifestazione del maschilismo che annichilisce.
La trasformazione progressiva è enfatizzata da Paolo. Non da meno Edy e Carmen la esaltano adeguandosi e subendola, ma poi se ne distaccando opponendosi, ed infine la contrastano fino a contrattaccare.
La commedia leggera sfocia allora nel dramma, se non in un noir, grazie al testo e alla regia che rivelano sempre più chiaramente la vicenda, anche se nasconde una trama ancora più sottile.
La situazione precipita: l’uomo sempre più prepotentemente diventa un fastidioso invasore, un usurpatore, un despota. Ma anche le donne riservano una sorpresa che colpirà sia lui che lo spettatore. Alla fine, altre domande occuperanno la nostra mente : chi è la vittima e chi è il carnefice? Per chi faremo il tifo?
In questa proposta due o tre punti mi sono sembrati troppo sfuggente e rapidi, che se più sviluppati sarebbero apprezzati dal pubblico.
Il cast vi ammalierà. Paolo è potente e sorprendente, camalemontico con la sua recitazione. Inserisce anche un balletto che non può non riportare alla mente la performance di Joaquin Phoenix in “Joker”, sulla scalinata. Conturbante e sensuale, ma anche bipolare, col suo comportamento bizzarro svelerà gli scheletri nell’armadio. I suoi repentini cambi di carattere e di umore risultano efficaci e realistici.
Edy e Carmen sono un binomio esplosivo. Apparentemente di contorno, prendono sempre più piede fino ad oscurare il personaggio principale, a fagocitarlo, tessendo una ragnatela che lo imprigionerà e catturerà la platea.
Scrivi a: redazione@viviroma.tv