Come un cane per Syd Barrett Monologo

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TEATROVID-19
Il teatro ai tempi del corona
Attraversandi la terza fase

Barnum Seminteatro
Via Poggio Fiorito 10 b Roma
Organizzato da RE.TE. Resistenza Teatro in un luogo all’ aperto.

Con ancora il canto delle cicale al nostro arrivo, ci accomodiamo in questo giardino ospitale, fresco e ben curato.
Stasera addirittura c’è il sold out, la capienza massima per le misure anti covid di 99 posti è stata raggiunta.

Questo ci fa capire che la gente ha voglia di ricominciare, ma anche che RE.TE. ha messo a segno un bel colpo grazie anche alla presenza di Valerio, artista che ha attirato con il suo spettacolo l’attenzione del pubblico presente.

Mi mancava vedere Valerio di Benedetto in un monologo. L’ ho potuto apprezzare nelle visite teatralizzate, nelle fiction, al teatro, tra drammi e comicità, ora finalmente ho l’occasione di vederlo esprimersi in questo assolo verbale e posso aggiungere un altro tassello alla mia conoscenza sulla sua carriera.

Valerio stasera si presta ad incarnare un personaggio ideato dalla mente di Gabriele Mazzucco, (per altro uno degli ideatori di queste serate all’aperto), accompagnato dalle musiche in sottofondo dal vivo di Marco Bartoccioni, sveste i panni dell’affascinante burbero dagli occhi profondi che solitamente lo caratterizza e veste quelli di Fabrizio, un personaggio che è esattamente il suo opposto.

Fabrizio è ormai un adulto, sbocciato malamente da un’ adolescenza che lo ha reso goffo ed insicuro.
Con un perverso umorismo genuinamente autoironico, Fabrizio racconta di sé per cercare di togliersi quelle catene emotive che ancora lo legano ad una madre ansiosa e troppo presente ed al doloroso ricordo di un padre andato via troppo presto, proprio quando un bambino ha più bisogno delle certezze date da questa figura genitoriale.

Non a caso nella storia più volte Fabrizio si ritrova a ripetere alcune frasi che il padre usava per incoraggiarlo, unica eredità che gli rimane, un’a eco e forse unico appiglio che lo lega a lui come ad un salvagente in un mare in tempesta che è la sua esistenza.
Valerio è molto bravo a raccontarci la storia del suo personaggio, evidenzia il continuo duello che imperversa tra la diversa educazione che i genitori vorrebbero impartirgli: La madre insoddisfatta della sua vita, non può rivalersi nei confronti della sua esistenza perché non ha generato un figlio all’altezza dei perversi canoni dell’apparenza che la legano ancora alla sua di famiglia e in cui si trova ancora emotivamente invischiata.

Il padre invece è più accondiscendente, è più sano, ma la sua dipartita creerà un vuoto insanabile nella costruzione dell’individuo Fabrizio.

Fallirà grazie alla madre prima ancora di aver fallito
Valerio è bravo a raccontare le peripezie e le vicissitudini nel suo personaggio, inscenando sul palco discussioni, confronti e scontri con tutte le persone che ha incontrato nella sua vita e in maniera buffa ci fa il quadro completo della sua tragedia.

Il culmine si raggiunge durante la sua malattia, quando preso da depressione e crisi di panico, la madre non solo non riesce ad aiutarlo, ma lo affossa di più…
Troverà la forza di reagire grazie all’amore e al rapporto sano, l’unico vero e sincero che intavolerà con un cane, che da sempre ha desiderato avere e che, neanche a dirlo, la madre gli negava.
Prima ribellione di Fabrizio, prenderà il cane che chiamerà Syd, come Syd Barrett il cantante impazzito dei Pink Floyd.

Forse sceglie questo nome come monito al rischio di scivolare di nuovo nell’apatia, serve atracciare questo sottile confine tra normalità e pazzia in cui il cantante si è invece perduto.

Ormai ha la consapevolezza che solo con la sua forza può resistere, reagire e scrollarsi di dosso una vita che non ha voluto, quello che la madre gli ha cucito addosso.
Il cane è la scelta, è l’inizio della sua autoterapia e del suo distacco, ma non del suo abbandono., Qquesto è importante e và sottolineato, perché credo sia la morale che la storia vuole enfatizzare.

Ormai gli aneddoti che Valerio ha raccontato facendo ridere di cuore gli spettatori lasciano spazio a una riflessione profonda e forte.
Colpo di scena, quando Fabrizio esce dal palco entra una signora (Lina Milano , in una parte ben recitata e assai drammatica), ebbene sì è Maria, la mamma di Fabrizio, che ci racconta della sua triste vita adolescenziale e di come grazie a questa non sia stata capace di preservare il figlio dalle sue stesse tristezze e peggio, riflettendo su di lui tutte le sue insicurezze, paure e tentativi di usarlo come rivalsa.

Alla fine si troveranno insieme, Fabrizio non l’ha abbandonata, ha infatti raggiunto una stabilità, una famiglia tutta sua sana, con sempre il suo cane salvatore e Deus ex machina, mentre la madre si è ammalata di Alzheimer.

Dopo averci raccontato da sana la sua triste storia, ora durante la sua malattia, nella confusione mentale che c’è in lei, ha forse raggiunto la pace ed è sazia di quel bisogno di amore che non ha mai avuto se non dal marito Anselmo, il padre di Fabrizio.
Ora finalmente il figlio maturo è in grado di dargli sanamente e senza conflitti un amore vero, sano, di figlio. Non l’ha abbandonata e nonostante la confusione in cui il suo cervello si trova è lì con lei.
Davvero una bella storia.

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