“Pane, latte e lacrime”

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Teatro Cometa Off
Di Veronica Liberale
diretto da Pietro De Silva.

Con:
Federica Bianconi (Angeletta la folle)
Silvia Grassi (Sora Assunta)
Marianna Menga (Sora Iole)
Lorenza Molina ( Sora Franca)
Maria Chiara Dimitri (la figlia Firmina)
Ugo Caprarella (il custode Umberto)
Lorenzo Mastrangeli ( il signor Alvise)

Avevo già visto l’anno scorso in una delle piazze del quartiere San Lorenzo questa proposta, ma l’approccio era completamente diverso.

La sceneggiatura è delicata e toccante partorita dalla grande sensibilità e dalla capace penna di Veronica. Un’artista in grado di toccare il cuore degli spettatori emozionandoli con il suo delicato modo di raccontare l’umanità dei suoi personaggi.

Stasera gli attori sono tutti giovani del Laboratorio di Arti sceniche di Massimiliano Bruno e prenderanno il posto di quelli che vidi a San Lorenzo, nelle giornate dedicate alla commemorazione delle vittime del bombardamento del quartiere da parte degli Alleati nel ’43 (se vi fate una passeggiata nel “Parco Caduti del 19 luglio 1943”, sito nel quartiere, troverete l’elenco di tutti le vittime commemorate e riportate su una lastra perennemente illuminata).

La regia è dello strepitoso Pietro De Silva, che in questa occasione ribalta tutto, consegnando uno spettacolo molto diverso.

Via la scenografia, tutto è immerso nel buio più profondo per dare più drammaticità alla storia, che perde quella vena comica che aveva, più edulcorata e fruibile adatta a mio avviso ad un pubblico eterogeneo.

Questa proposta è invece mirata per stimolare il palato di una fetta di pubblico più ristretta e sofisticata.

Intendiamoci, la sceneggiatura è la stessa ma il modo di proporla è completamente differente. Mi è difficile dire quale delle due sia più bella, perché siamo davanti a due spettacoli dissimili.

Non credo neanche che si possa fare un confronto. Personalmente posso dire di apprezzarli entrambi, ognuno per le sue diverse sfumature. Se fossi nei panni della sceneggiatrice, mi troverei nella condizione di una madre che deve dire quale dei suoi due figli ama di più…

E io, così come ho amato gli attori della prima versione, mi sono subito affezionato anche a questi e a loro modo di proporre i personaggi.

Tra l’altro, ho scoperto che i ragazzi di stasera non conoscono l’altra versione. Dunque, la loro interpretazione è scevra da influenze e contaminazioni.

Anche qui la recitazione raggiunge picchi elevati. Il taglio drammatico lascia poco spazio a quell’ironia sanlorenzina che la prima proposta sottolineava; non che qui manchi, ma il taglio drammatico, suggestivo, etereo e onirico la soffoca relegandola al semplice sorriso amaro.

Anche fare dei confronti con l’altro cast non sarebbe solo antipatico bensì inutile. Entrambe le versioni hanno le loro sfaccettature piacevoli e tristi; le rivedrei entrambe con lo stesso identico gusto.

La commedia ci propone uno spaccato di vita di quel periodo, in cui troviamo rappresentata la condizione della donna negli anni di guerra, la maternità, la sopravvivenza, la fame, la povertà, la precarietà, l’umanità, l’amicizia…

Tutti temi trattati con cura e profondità dalla sceneggiatura. Viene così riproposto una sorta di quadretto dell’epoca per farci rivivere la realtà di quei quartieri popolari negli anni Quaranta e della società italiana durante il fascismo e la guerra, così come sarebbe stato a San Lorenzo, quartiere per altro dalla forte vocazione antifascista e che va ricordato, già nel 1922 creò ai fascisti grandi problemi durante la Marcia su Roma.

Proprio in queste strade infatti le Camicie Nere in marcia verso il centro dell’Urbe, che qui vollero passare scese dai treni alla stazione Tiburtina, trovarono una forte opposizione.

Dovette intervenire addirittura il Regio Esercito per sedare la rivolta.

Nella nuova proposta, troviamo accantonati quegli spunti e quelle influenze della vecchia commedia all’italiana, che lasciano più spazio al neorealismo post bellico a cui si aggiunge un cupo e poetico pessimismo in cui però si alternano anche momenti brillanti per un breve sorriso.

La commedia ci permette di entrare nell’intimo dei personaggi, di conoscerne desideri e speranze infranti da quella terribile giornata del 19 luglio 1943, quando alle ore 11,03, su quella che doveva essere “Roma città aperta” e dunque per pregressi accordi tra le parti belligeranti, avrebbe dovuto essere preservata da distruzioni e combattimenti fu invece bombardata dagli Alleati.

Sotto il lancio di quattromila bombe, morirono tremila romani e ne rimasero feriti undicimila, furono distrutte diecimila case, lasciando quarantamila abitanti senza un tetto.

I nostri personaggi sono frutto della fantasia, è vero, ma grazie alla sensibilità e alla profondità di Veronica rispecchiano l’anima di quelli esistiti e chissà, forse qualcuno era proprio come quelli che appaiono sulla scena. Non lo sapremo mai.

Sappiamo solo che questo è un tributo onesto e profondo a coloro che rimasero sotto quelle macerie, che come fenici senza nome risorgono da quelle ceneri che li hanno sepolti, e anche a quelli che rimasti vivi, porteranno lo shock di quell’evento con sé per tutta la vita.

Proprio alcune di queste testimonianze registrate vengono fatte ascoltare durante lo spettacolo.

Le storie dei protagonisti così eterogenei si intrecciano e si fondono in un omogeneo dramma che li accomuna come vittime sacrificali della follia della guerra. Un omaggio sincero e sentito alle innocenti vittime di San Lorenzo.

Appena entrati, troviamo solo una sedia e una scopa appoggiata al muro, mentre le musiche, le canzonette dell’epoca accompagnano lo spettatore che prende posto.

Pietro sceglie di non portare una scenografia, credo per far risaltare in quel vuoto la storia e la bravura degli attori.

Devo dire che la scelta è assolutamente efficace, così come quella del metateatro: le voci dei personaggi che si nascondono tra il pubblico nel buio della sala, si esprimono e parlano concitate. Efficace e suggestivo.

Veronica ci presenta il custode del cimitero del Verano, la fioraia con una delle sue sei figlie e la cognata, poi la sua concorrente del banco vicino che arrotonda facendo la prostituta, la ragazza traumatizzata e divenuta folle ed il dottore colto.

pane, latte e lacrimeTutti personaggi fittizi ma realistici, ispirati ad comunità esistita e che l’autrice conosce perché proviene da questo quartiere.

Le nozioni storiche sono perfette, ciò che viene fatto dire ai personaggi è frutto di un attento studio storico, così come i costumi, che in assenza della scenografia che li lascia come sospesi in un non tempo, li riporta inequivocabilmente a quell’epoca. Suoni, musiche e luci danno il loro fondamentale contributo alla riuscita di questa proposta.

Preparatevi ad emozionarvi e a commuovervi, e ad assistere ad un’opera d’arte. Veronica e Pietro possono andare fieri del risultato conseguito, Massimiliano Bruno orgoglioso del lavoro dei suoi ragazzi.

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