Castel Sant’Angelo: terza parte

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Intorno al 1630, papa Urbano VIII abbatté molte delle fortificazioni erette anteriormente all’interno del castello, che così subì un ulteriore forte riassetto generale che ne mutò inevitabilmente di nuovo l’aspetto.

Venne addirittura chiuso il portone principale per aprirne un altro sul lato destro. Urbano poi commissionò una nuova grande cortina muraria frontale. Questo intervento che trasformò la sagoma del castello, almeno stando alle testimonianze pittoriche, rimase immutata per lunghi secoli.

All’interno invece continuarono i lavori per l’abbellimento degli alloggi pontifici, che toccarono anche la parte esterna, ma senza alterarne le forme.

castel santangeloClemente IX invece (1667-1669), durante il suo breve pontificato, fece collocare dieci angeli di marmo sul Ponte Elio, realizzati da Gian Lorenzo Bernini e dalla sua bottega. È da allora che il ponte venne ribattezzato con il nome di Ponte Sant’Angelo. Piranesi in una sua stampa ripropone l’aspetto del castello e del ponte proprio in questo periodo.

Forte Sant’Angelo venne poi utilizzato almeno fino al Risorgimento, come carcere.

Molti furono gli “ospiti” delle sue carceri tra cui Alessandro Farnese, il futuro Papa Paolo III (1534-1549), Beatrice Cenci, Giordano Bruno, Benvenuto Cellini e Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro.

L’aspetto odierno del castello, quello che possiamo visitare oggi, paradossalmente proviene dalle ultime modifiche attuate alla fine dell’Ottocento, attraverso gli interventi del generale Mariano Borgatti del Genio militare, che dopo aver curato alcune trasformazioni affinché il Genio potesse utilizzarlo per i propri scopi, caldeggiò la trasformazione del sito in un museo.

Sappiamo già della leggenda che racconta di quando nel 590 d.C., papa Gregorio Magno attraversando Ponte Elio durante una processione penitenziale, ebbe la famosa visione dell’Arcangelo Michele che dalla sommità della Mole Adriana si faceva vedere mentre rinfoderava la sua spada. Questo gesto simbolico voleva segnare la fine delle sventure che affliggevano da tempo Roma.

La prima statua dell’Arcangelo che commemorava questo avvenimento fu fatta in legno, non se ne conoscono le fattezze, ne la fine che abbia fatto, tanto meno la data precisa in cui fu realizzato. Si ritiene che fosse dipinta, probabilmente era dorata e posta come quelle che la seguiranno sulla sommità del castello.

Il successivo angelo fu invece realizzato nel 1379 ma in marmo, purtroppo andò distrutto durante un assedio, o meglio una sommossa popolare all’ombra dello Scisma d’Occidente che vedeva coinvolti in una lotta l’ antipapa Clemente VII e Papa Urbano VI, con battaglie campali e instabilità politica che coinvolsero Roma e lo Stato della Chiesa.

Così nel 1453 Niccolò V ne fece collocare un terzo sempre sulla sommità del castello, anche questo era di marmo, ma aveva le ali in bronzo. Fu distrutto nel 1497 da un fulmine che fece addirittura esplodere la polveriera del castello.

Il quarto angelo venne realizzato in bronzo dorato, ma fu poi fuso per essere trasformato in cannoni con i quali cercare di respingere i lanzichenecchi e gli spagnoli delle truppe di Carlo V durante il Sacco di Roma del 1527.

Il quinto angelo fu commissionato da Paolo III e realizzato da Raffaello da Montelupo nel 1544, l’artista lo fece sempre in marmo, ma con le ali di bronzo perforate per evitare che il vento potesse danneggiarlo. È quello che ancora oggi possiamo ammirare nel Cortile dell’angelo.

Nel 1746 Benedetto XIV 1740-1758 in occasione del Giubileo del 1750, fece realizzare una nuova (ed ultima) scultura angelica in bronzo dallo scultore fiammingo Peter Anton Verschaffelt. Originariamente la figura presentava tutta la superficie dorata, tranne la corazza, che era invece ricoperta di lamine d’argento.

Purtroppo a parte qualche ipotetica ricostruzione grafica, non abbiamo prove concrete dell’aspetto degli angeli andati perduti. Probabilmente non erano dissimili da quelli attuali che ancora troneggiano nel castello.

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