Scritto e diretto da Francesca Tricarico
musiche originali di Gerardo Casiello
costumi realizzati dalle attrici detenute nel laboratorio di sartoria teatrale di Marina Sciarelli
aiuto regia e training di Daniele Tagliaferri
Venerdì 16 maggio, nel teatro della Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia, le detenute della compagnia Le Donne del Muro Alto, diretta da Francesca Tricarico, porteranno in scena il loro nuovo spettacolo, frutto degli ultimi mesi di laboratorio in carcere:
Bisbetica domata, ma non troppo, studio 1. Destinata alla popolazione detenuta dell’istituto, la rappresentazione si terrà alle ore 15.30.
Il testo è un libero adattamento della Bisbetica domata di Shakespeare, scritto dalla regista insieme alle attrici detenute per affrontare i temi della violenza domestica, dello stigma sociale, dei pericoli del potere. Il risultato è una tragicommedia, che mette a nudo una famiglia tutta al femminile, con un passato che non si può neppure nominare ma che, proprio per questo, diventa necessario gridare.
“Come tutti i miei lavori, anche questo gioca su due registri: il dramma e la commedia. Perché quando davvero si soffre, la necessità di ridere diventa più forte”, spiega Francesca Tricarico
Come da tradizione della compagnia Le Donne del Muro Alto – composta all’interno del carcere da attrici detenute e, all’esterno, da attrici ex detenute o ammesse a misure alternative alla detenzione – questo spettacolo è il risultato di un lavoro collettivo nato in carcere, dalla necessità di raccontarsi protette dal racconto, tra lacrime e risate.
“Un inno all’importanza di vedere, sentire sé stessi e l’altro, di opporsi alla violenza, al giudizio, all’omertà. Uno spettacolo che non solo parla di violenza domestica, ma anche di solidarietà femminile, dove ci si interroga su che cosa accade quando si critica il patriarcato ma si sceglie di assumerne i comportamenti peggiori.
Cosa accade quando lo sguardo di un’altra donna diventa un giudizio tagliente e affilato come una lama?”, prosegue la regista.
Questa Bisbetica Domata, ma non troppo è la quarta versione di un copione da riadattare di volta in volta in tempi record, e intende essere, dunque, un primo studio scenico.
Se a Rebibbia Femminile, infatti, dal 2013 la leggenda vuole che fare teatro porti fortuna – perché a ridosso di ogni debutto c’è sempre qualche attrice che esce dal carcere – quest’anno la fortuna ha decisamente esagerato: quattro uscite in quindici giorni.
Con la conseguente necessità di riadattare il copione in tempi strettissimi per ridurre i personaggi in scena e riassegnare le parti, ed essere pronte per il 16 maggio. “Il tutto tra il panico generale, l’ansia di riuscire a entrare nei panni di un nuovo personaggio e, soprattutto, la determinazione a non mollare”, racconta Tricarico.
“Più siamo andate avanti con il lavoro, più sono aumentate le sfide. La prima è stata la necessità da parte delle attrici detenute di Rebibbia di portare in scena un testo che permettesse loro di parlare di violenza domestica. Poi si sono presentate la paura di attraversare quel tema e la necessità di scegliere le parole giuste per non essere fraintese, raccontare per ricordare che non si può e non si deve tacere”.
I costumi di scena, anch’essi rivisti e riadattati in tempi strettissimi a causa delle numerose uscite, sono il frutto del laboratorio di sartoria teatrale, condotto a Rebibbia Femminile da Marina Sciarelli per l’associazione Per Ananke – Ente del terzo settore.
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