Intervista a Elda Alvigini, Claudia Genolini e Francesca Zanni

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Dietro le quinte di “Bomba!”

esclusiva

Intervista a Elda Alvigini, Claudia Genolini e Francesca Zanni

Mi piace il teatro, così come cercare di conoscere e di capire più a fondo le dinamiche che ci sono dietro, per apprezzare ancora di più uno spettacolo e conoscerne risvolti e retroscena.

Attori, registi, aiuto registi, sceneggiatori, staff, tecnici, aiutanti, coreografi, scenografi, produzione, ufficio stampa… sono tutte formichine operose che danno il loro contributo per la realizzazione di un lavoro teatrale che coinvolge numerose figure ai più sconosciute e le impegna in tante ore di lavoro che confluiscono in uno spettacolo di un’ora e mezza.

Dietro una serata ci sono persone che lavorano con passione, professionalità ed impegno per fare un lavoro bellissimo: intrattenerci, divertirci, toccarci nell’animo e farci riflettere. Gli stessi attori, che a volte noi vediamo irraggiungibili e distanti, vivono le nostre stesse emozioni, le aspettative, le passioni, solo che una volta abbandonata la loro vita privata e il loro carattere unico, indossano la maschera teatrale e vanno in scena, pur essendo uguali a noi.

A me piace addentrarmi nel lato nascosto e condividerlo con chi ha voglia e il piacere di leggermi. Mi piace far conoscere questa realtà e dargli il giusto spazio attraverso la mia esperienza.

Oggi è il caso delle attrici Elda Alvigini e Claudia Genolini, e della regista e sceneggiatrice Francesca Zanni; gentilmente hanno accettato di accogliermi e ospitarmi nel teatro dopo lo spettacoli per scambiare due chiacchiere e farci conoscere cosa c’è dietro il loro lavoro.

Sono molto riconoscente per la loro disponibilità e quella del Teatro Roma, perché oggi è una giornata dura: siamo quasi alla fine della programmazione e ci sono addirittura due repliche in giornata. Io mi sono intrufolato tra l’una e l’altra rubando loro quel poco tempo che hanno a disposizione per riposarsi prima di rientrare in scena.

Rimango nel teatro vuoto, quando tutti sono andati via, pochi hanno la fortuna di poter accedere in questo spazio tra una replica e l’altra, quando gli artisti si riposano e lo staff risistema il teatro in attesa dei nuovi spettatori. Questo è un momento intimo, quando gli artisti scompaiono nei camerini dove si preparano e si rifugiano prima e dopo lo spettacolo. Violo così questo spazio temporale e mi trovo davanti a tre sorrisi ospitali e cominciò…

Francesca, lo spettacolo è divertente, ma racchiude anche un tema serio e sempre attuale: lo scontro generazionale.
Ho scritto che lo spettacolo rappresenta anche un incontro tra generazioni, perché genitori e figli possono confrontarsi grazie alla tua proposta.

Com’è nata quest’ idea e come hai fatto a realizzarla?

Volevo assolutamente tornare a scrivere una commedia , dopo gli ultimi vent’anni di scrittura drammatica. Ho scelto il tema sul gap generazionale perché, avendo dei figli adolescenti, mi trovo spesso a confrontarmi con loro sulla musica. Mio figlio, nonostante abbia sedici anni, spazia da Elton John ai Beatles ai Queen, oltre che sentire la Trap; mia figlia invece sente la Trap. Così ho cominciato a ripensare alla mia adolescenza, alla musica che ascoltavo negli anni ’80, e mi è venuto spontaneo raccontare che la “nostra musica” era allegra, che indossavamo le cuffie del walkman e camminavamo contenti e spensierati.
Adesso vedo i ragazzi chiudersi dentro la loro stanza, invece di uscire fuori per andare a sentire la musica. Da questo è nato il germe del mio spettacolo.
Poi, per documentarmi sulla musica trap, ho visto tantissime interviste ai trapper e ho ascoltato la loro musica, ho visto i loro video e ho cercato di assimilarne il gergo senza inventarlo e passare per una boomer.

Francesca, perché hai scelto proprio Elda e Claudia?

Con Elda ci conosciamo da trent’anni ma non abbiamo mai lavorato insieme, e nonostante ci stimassimo molto, non si era ma verificata l’occasione per sviluppare un progetto insieme. Avevo lavorato su questo copione scritto e riscritto tante volte, quando poi ho pensato ad Elda e alla sua sensibilità di attrice, così l’ho riadattato su di lei.
Claudia me l’ha suggerita proprio Elda, le ho fatto un provino a tradimento, a casa mia, senza neppure darle il tempo di leggere il copione. Tra tutte, lei è stata la migliore, la più brava; mi ha sorpreso, già dalle prime battute è entrata nel personaggio. Una rivelazione.
Sviluppare il carattere di Asia è stato più semplice rispetto a quello di Miss Flow: avevo più chiaro il personaggio, era più vicino a me, al periodo storico e musicale che conosco meglio. Loro due sono una coppia che funziona benissimo, in scena e i personaggi in mano a due attrici come loro funzionano alla grande, e credi, non è così facile trovare una tale sintonia come quella tra Elda e Claudia.

Elda, sei un’attrice molto conosciuta sullo schermo; qual è il tuo rapporto con il teatro?

È un rapporto molto conflittuale. Io ho sempre paura di andare a fare uno spettacolo teatrale, ma il teatro mi chiama in continuazione e quindi… Diciamo poi che da anni ho deciso cosa voglio e cosa non voglio fare. Se le cose che mi vengono proposte sono belle, anche se sono faticose, le accetto.

In questo caso, poi, mi sento un po’ Asia: anche io come lei sono diventata molto famosa per la serie televisiva de “I Cesaroni”. Le persone mi fermano per strada per dirmi che sono brava, ma che non mi vedono più in tv, come se fossi io a decidere; un po’ come Asia… Effettivamente, la mia carriera televisiva e cinematografica non ha avuto esattamente l’exploit che mi aspettavo dopo il successo iniziale.
Il teatro è diverso, non puoi mentire andando in scena, e io ho paura di tirare fuori me stessa… insomma, lo vivo in maniera diversa.

Questo personaggio, soprattutto esteriormente è molto lontano da me, per questo ho cercato di trovare dentro di me le motivazioni per portarlo in scena e ho finito per volergli bene; e poi per me non ha davvero nulla di fallito dentro, anzi, alla fine finisci per giustificarlo, e questo grazie anche alla scrittura di Francesca che, conoscendomi, mi è venuta incontro toccando la mia sensibilità e aiutandomi ad impersonare Asia.

Mi piace portare i miei spettacoli in scena, però sono disillusa rispetto al sistema teatro in Italia. Guarda quest’opera: la risposta del pubblico è ottima, tutti ci chiedono se andremo in un teatro più grande, se faremo altre date, eppure… questo non si sa. La stessa cosa vale per la carriera televisiva: non è sufficiente avere il pubblico dalla propria parte. Fare teatro è molto faticoso, richiede un impegno personale e anche economico; io, come Francesca, mi auto produco, entrambe ci assumiamo rischi in prima persona.

Spesso vedi che il tuo lavoro non viene riconosciuto mentre altri spettacoli vanno avanti e girano per l’Italia. A volte pensi di lasciare tutto e aprire un bar su una spiaggia tropicale. Poi resisti, senti questa esigenza, questa passione, questo amore dentro che ti fa stringere i pugni e i denti e andare avanti… sì, il rapporto col teatro è doloroso.

Come ti senti nei panni di Asia? Cosa pensi di questa esperienza?

È un’esperienza rara, bellissima, si è creato un rapporto tra di noi stupendo, una vera rarità. Sono stata e sto benissimo, ho una compagna in scena di cui mi fido ciecamente, ho sentito un affetto che non è da tutti i registi, che spesso si rivelano sadici, a cui piace torturare gli attori senza capirne le esigenze. Francesca ha fatto l’attrice, e si vede: chiunque si dedica alla regia provenendo dal lavoro d’attore si rivela sempre un bravo regista perché sa mettersi nei tuoi panni.

Non tutti i registi amano gli attori, ma con lei mi sono sentita protetta e rispettata. Inoltre io e Claudia abbiamo un modo di approcciare al lavoro sul personaggio simile, quindi non abbiamo avuto incomprensioni. Ora riesco ad andare in scena senza timori e ho maturato una responsabilità che non ho provato neanche per i miei stessi spettacoli. Credo sia dovuta al timore di deludere le persone che ho avuto vicino in questo progetto, che spero abbia tanto successo. Ma se anche non fosse, questa esperienza rimarrebbe per sempre nel mio cuore.

È stato bellissimo vestire i panni di Asia, che ho imparato ad amare e a rispettare senza giudicare. Ho creduto ad ogni parola che Francesca le ha messo in bocca e ho smesso così di avere paura di mettermi in gioco. Insomma, non che io abbia imparato a cantare e ballare, però erano due cose che non avevo mai fatto.

Quali sono le differenze e i punti in comune tra te e il personaggio che porti in scena?

A parte i capelli, niente!

Claudia, so che hai all’attivo una lunga esperienza in campo artistico, me ne parli?

Ho iniziato a undici anni facendo doppiaggio, poi a diciotto mi sono iscritta a un’accademia per perfezionare la recitazione, lì però mi sono innamorata del teatro, della recitazione, così ho mollato il doppiaggio. A venticinque anni ho voluto fare la mia prima regia teatrale, mi è piaciuto molto e ho continuato. Poi ho fatto una web serie, “Freaks – the Series”, che è andata molto bene e la seconda stagione è stata prodotta da Radio Deejay. Dunque sono stata nella squadra di questa radio per un anno con un mio programma, “A letto con la Genolini”. Poi ho fatto due film al cinema e ho continuato a fare teatro.

Mi piace la musica e cantare. Ed eccomi a “Bomba!” dove mi sono trovata benissimo, Elda è una persona molto gentile e con me è sempre stata molto carina ed accogliente. Abbiamo un rapporto che non si trova facilmente tra colleghe. Abbiamo una bella complicità e molta stima reciproca. Durante le prove ha avuto una cura, un’ attenzione, un rispetto speciali e mi ha dimostrato un affetto che non avevo mai incontrato precedentemente.
Le sono molto grata.

Quando ci siamo conosciuti dopo lo spettacolo, mi hai detto che hai un anima rock (che condividiamo), dunque sei distante dal trap. Come hai fatto a diventare Miss Flow?

È stato difficile, devo dirlo. La Trap non è tra i miei gusti, ecco, ma ho fatto in modo di non giudicare ed anzi, di amare il mio personaggio. Dunque, ho cominciato a studiare la cultura Trap, e siccome il mio compagno è un produttore trapper, abbiamo messo da parte i nostri vecchi confronti tra gusti musicali diversi e si è ritrovato a dovermi insegnare la Trap. Immagina la sua soddisfazione! Ho studiato le movenze dei cantanti, come camminano, come si muovono, cosa pensano. Ho ascoltato solo Trap per un mese perché volevo imparare a capire anche il modo di “trappare”, il “mumbling”, cioè la tecnica di “strascicare” le parole.

Non è semplice impararla e non ha niente a che vedere col rap a cui ero abituata. Ascolto Eminem, gli Articolo 31, ma parliamo degli anni ’90, ormai quella roba è superata.

La trap è un’altra cosa, l’ha sostituita, ho studiato davvero tanto ed è stato faticosissimo.
Io canto in un gruppo cover brani dei Mister Big, mentre prima suonavo alle tastiere i Dream Teather in un’ altra band.

Che differenza c’è fra te e il personaggio? Ci sono anche aspetti che avete in comune?

Musicalmente ora sono ferma per i molti impegni, ma sto mettendo in piedi un duo acustico chitarra e voce con un mio collega attore musicista. Voglio ricominciare a cantare e questo stimolo lo devo a “Bomba!”

Com’è lavorare insieme in questo sodalizio tutto al femminile?

Francesca: non siamo solo noi tre, nella società di produzione di questo spettacolo, la Trebisonda Produzioni, siamo due donne: io e la mia socia Eleonora Tripodi, che si occupa dell’organizzazione. In Bomba! anche l’aiuto regia è una donna, così come la coreografa, la tecnica luci, la microfonista… siamo tutte donne, ma la cosa è casuale.

Mi sono sempre trovata bene a lavorare con le donne, nonostante si dica che quando le donne lavorano insieme ci sono sempre problemi… ma non ne faccio una questione di sesso, tra uomo o donna per me non c’è differenza. In questo caso è stato molto facile perché siamo entrate tutte subito in sintonia e non c’è stato mai un problema o una discussione. Mi piace molto lavorare con le attrici, però ho avuto delle esperienze come regista anche con attori e ho riscontrato che alcuni di loro hanno ancora difficoltà ad accettare il ruolo registico femminile. Rimanendo in tema, mi piace molto raccontare questa teoria sulla “scarcity”.

In America c’è Tina Fey, una grandissima attrice che è entrata per la prima volta nella “writer room” di Saturday Night Life – dove erano tutti uomini -come capo degli autori; era la prima volta che accadeva.

Quando uscì dalla riunione, disse di essersi sentita come una macchinetta del caffè: ce n’è già una, a cosa serve un’altra?

Questo per dir che quando una donna arriva ad un ruolo dirigenziale, tenderà a tenerselo stretto e a non fare rete con le altre donne poiché di spazio c’è soltanto quello. Questo diventa un grosso problema. Nel nostro caso, essendo tutte donne, non abbiamo avuto corso questo rischio.

Claudia: io penso che quando una è in gamba non si crea il problema. Credo nell’intelligenza delle persone, a prescindere dal sesso. Se metti tre donne in gamba ed intelligenti a lavorare insieme, lavorerai bene.

Elda: in Italia c’è un altro problema: se nasci attore, non puoi essere anche regista, cantante o ballerino, autore. C’è ancora l’idea che se nasci attrice e poi fai la regista, non devi fare più l’attrice… Nei paesi anglosassoni se sai fare più cose sei ritenuto un genio; in Italia se sai fare più cose vuol dire che le farai tutte male. Non c’è la stessa apertura mentale. Quando ho lavorato, ho scelto sempre i collaboratori in base alle loro competenze tecniche, e ho anche scelto uomini, uomini che amavano le donne, ma soprattutto che capivano ed apprezzavano il mio lavoro, lo avevano letto, l’avevano capito e volevano farlo. Il mio gruppo di lavoro è sempre misto.

Quello di “Bomba!” è una casualità. Sono d’accordo con Claudia, non credo nelle quote rosa perché se devo avere una donna incompetente a lavorare con me, allora preferisco un uomo che sia bravissimo. Questo vale anche per la politica. Adesso la legge del cinema impone alle produzioni che una percentuale di competenze sia affidata alle donne, in base alla politica delle quote rosa. Se questo avviene, la produzione ha un forte sgravio fiscale. Dunque, che succede? Che se noi tre abbiamo scritto tre film, loro leggono il primo che capita, lo producono ma non leggono gli altri, non gli interessa vedere se ci sono altri due film che potrebbero vincere il David di Donatello! Loro per quell’ anno ne scelgono uno solo per non pagare più tasse! È agghiacciante.

Cosa avete in serbo per Bomba per il futuro? E quali sono i frutti che avete raccolto?

Francesca: Vorremmo essere in scena anche nella prossima stagione ed è una cosa che si decide più o meno in questo periodo, quindi stiamo valutando la prossima stagione anche rispetto agli impegni che hanno Elda e Claudia.
Cosa abbiamo raccolto? Da produttrice ti dico che non vale quasi mai la pena mettere in scena spettacoli troppo curati, per esempio nei costumi, nelle scenografie o nella parte tecnica.
Sono tutti investimenti costosi, per cui se si fanno solo due settimane di programmazione, non si guadagna nulla, anzi, di solito si perde denaro. Si spera che gli spettacoli abbiano una vita lunga, questo è quello su cui stiamo lavorando. A livello artistico, ti dico che abbiamo raccolto grandissime soddisfazioni, penso che abbiamo vinto la nostra scommessa, ci vedremo sicuramente il prossimo anno e voglio vedere l’evoluzione di Bomba!
Per il resto, a maggio qui al Teatro Roma proporrò un mio nuovo spettacolo che si chiama “Gioco partita incontro” scritto e diretto da me con Pietro Longhi e Federica Cifola.

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