La verità sull’attivista palestinese che sta indignando il web, compreso Salvini

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È solo fango mediatico ai suoi danni

Ormai da sabato pomeriggio stanno circolando dei video e degli articoli sui social che riprendono una ragazza palestinese parlare degli stupri ai danni delle donne palestinesi e israeliane durante la manifestazione contro la violenza delle donne di Roma.

Addirittura Matteo Salvini ha ricondiviso sul suo canale Instagram il video mostrando il suo sdegno aggiungendo un commento: “Il disgustoso odio verso le donne israeliane”, con riferimento a una frase pronunciata in particolare dalla ragazza, Maya Issa, ovvero: “Stuprate dai terroristi? Che lo provino”.

Peccato che il video pubblicato non solo da Salvini, ma anche da vari giornali, giornalisti e pagine social sia volutamente tagliato e parziale, carente della parte in cui Issa espressamente condanna tutte le violenze e in cui cerca un dialogo pacifico nonostante le provocazioni.

Qui a confronto infatti il video originale con quello postato da Salvini:

https://www.radioroma.it/2023/11/28/attivista-palestinese-verita/

Sia l’inizio che la fine del video sono stati tagliati, chiaramente per trasformare delle dichiarazioni volte al dialogo, seppur acceso, in delle dichiarazioni di odio.

Odio chiama odio e questo Maya Issa – che tra l’altro durante la manifestazione era stata aggredita poiché sventolava la bandiera palestinese – purtroppo lo sta sperimentando sulla sua pelle. Sotto i post con le sue dichiarazioni parziali infatti si leggono commenti orribili; alcune sono vere e proprie minacce alla sua persona.

Il decalogo del giornalista – ovvero la storica sentenza n. 5259 del 1984 della Corte di Cassazione – impone al giornalista, che gode del diritto di cronaca, di rispettare i principi di utilità dell’informazione, della verità dei fatti e della forma civile nell’esposizione dei fatti.

Ciò per non ammutolire i giornalisti, ma evitando di innescare quella macchina del fango mediatico che ora si sta accanendo su una giovane ragazza italiana e palestinese, attivista e studentessa. Quei tre principi sono stati rispettati?

A voi l’ardua sentenza, nel frattempo noi due domande a Maya Issa le abbiamo poste e così si è rivolta ai microfoni di Radio Roma per il programma “The Passenger” di Andrea Candelaresi, chiarendo il tutto.

Riportiamo in versione integrale le sue dichiarazioni.

“Il 25 novembre già sapevo che la manifestazione sarebbe stata difficile e che mi avrebbero posto delle domande scomode. Infatti con dei giornalisti presenti si erano create delle situazioni pesanti.

Mi circondavano, mi facevano domande e se non rispondevo come dicevano loro si rivolgevano a me in modo molto aggressivo. Anche durante la manifestazione un signore e sua moglie mi chiedevano se condannassi o meno gli uomini di Hamas e di come trattino le donne.

Cercavo di spiegarmi, ma loro continuavano ad insultarmi. Il momento più violento della manifestazione è stato quello di questa signora anziana che provava a strapparmi la bandiera della Palestina.

Dal momento in cui è stato pubblicato questo video delle mie dichiarazioni io ho iniziato a ricevere minacce e commenti negativi.

Adesso ci si è messo anche Salvini quindi i commenti stanno aumentando. Sicuramente leggere questi commenti non mi fa piacere e mi dispiace.

Credo che chiedere una commissione di inchiesta in casi come questo è legittimo o come nel caso di Shireen Abu Akleh. Queste minacce e questi commenti pieni di odio, razzismo e islamofobia non mi fermeranno comunque”.

Ha poi continuato a proposito di un’altra intervista uscita questa volta sul Corriere della Sera e rilanciata da vari giornali: “Siamo stati al telefono 35 minuti e mi ha fatto varie domande.

Nell’intervista ha sbagliato anche la città d’origine di mio padre che è di Acri, non di Gaza come scritto. Poi mi ha fatto domande anche più politiche. Io ho contestualizzato tutte le risposte, la giornalista però ha operato tagliando e facendo una sintesi della sintesi e mettendo le varie parti del discorso a proprio piacimento.

Io non ho mai detto che vendicarsi è umano, come riferito nell’articolo, bensì ho spiegato che la responsabilità dei fatti del 7 ottobre non è di Hamas, ma della comunità internazionale che è stata per troppo tempo assente e che il popolo palestinese si è sempre appellato alla comunità internazionale nonostante ciò; le ho spiegato che Gaza vive sotto assedio e bombardamenti da anni e che vendicarsi è spesso, purtroppo, ciò che rimane a chi subisce violazioni sistematiche come la mancanza dei diritti anche più basilari”.

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Il Gruppo ViviRoma fondato da Massimo Marino nel 1988, nasce come giornale murale per ampliarsi nel tempo in un magazine, TV e WEB.

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