“Alcazar”

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Teatro 7 off
Di Gianni Clementi
Regia di Michele La Ginestra, aiuto regia Ilaria Mariotti

con Sergio Zecca (Costantino, l’impresario), Francesca Baragli (Carmen, la ballerina romana), Alessio Chiodini (Umberto, l’operaio improvvisato ballerino) Alessandro Frittella (Ernesto, il comico), Ilaria Nestovito (Mariuccia, la figlia claudicante dell’impresario) Mariateresa Pascale (Iris, la ballerina veneta), Tiko Rossi Vairo (Saverio, il ballerino)

Ritorna in scena con lo stesso strepitoso cast, dopo l’indiscusso successo dell’anno passato, questo travolgente e passionale spettacolo.

Siamo a Roma durante la Seconda guerra mondiale tra il ‘43 e il ’44, ed una compagnia di varietà piuttosto sgangherata tra un bombardamento e l’altro cerca di portare in scena un nuovo spettacolo.
Sono indubbiamente dei grandi appassionati che amano il loro lavoro e gli dedicano grande passione e impegno, ma in questo momento storico l’obiettivo primario è sbarcare il lunario e mettere qualcosa sotto i denti.

Tra loro ci sono due affascinanti ballerine, non più giovanissime, in forte rivalità tra loro. Entrambe sono invidiose l’una dell’altra, sempre in forte antagonismo.

La prima è Francesca Baragli, dalla personalità schietta, diretta, romana fino all’osso che riporta inevitabilmente alla mente la tempra coriacea delle donne trasteverine messe alla prova dalle vicissitudini della guerra, quelle che tante volte abbiamo visto nei film neorealisti al fianco di Aldo Fabrizi o Alberto Sordi, come Anna Magnani per esempio.

L’altra è Mariateresa Pascale, che a prima vista si direbbe di alta estrazione sociale. I suoi atteggiamenti sono tipicamente nordici e ha un marcato accento veneto. Risulta più distaccata dell’altra, ma all’occorrenza si rivela pungente e sagace. Le due sono in continua sfida, una guerra tra poveri che diverte certamente, ma ha anche un forte retrogusto amaro.

Il testo ben sviluppato e le porrà davanti a vicende che le riabiliteranno, svelandone una grande profondità e bontà d’animo. Il pubblico realizzerà che le due non sono così diverse tra loro. Brave, fantastiche nei modi e negli atteggiamenti, divertenti i battibecchi e realistiche le ripicche. Nonostante i buffi atteggiamenti e le assurde situazioni che creano, le due attrici conservano il tipico fascino e portamento delle donne di quegli anni. Fantastiche.

Troviamo poi un Sergio Zecca impareggiabile. Lui è l’ impresario di questa scalcinata compagnia. Piuttosto improvvisato, si rivela furbetto e smaliziato ma anche disilluso dalle asperità della vita, che travolgono lui e i suoi artisti. Nonostante tutto, porta avanti la baracca con un velato cinismo, speranza e anche un filo di disperazione, dimostrando un forte attaccamento sia ai suoi attori che al suo lavoro. Romano anche lui, ha sempre la battuta pronta, risulta un personaggio che sprizza simpatia e profondità d’animo malcelata perché fa capolino dalla sua morbida corazza.

Vedovo, ha con sé la figlia orfana della madre. Una ragazza deliziosa, dolcissima ma sfortunata perché nata sciancata, che lo aiuta come sarta.

Un’adorabile Ilaria Nestovito che si muove in punta di piedi sul palco, una figura angelica. Lo spettatore non può non amarla e soffrire per la sua malformazione alla gamba. Ilaria porterà il suo personaggio ad una rivalsa contro il triste destino, in un crescendo che la condurrà ad imporsi sulla vita.

La sua è una recitazione “educata”, mai esagerata, sempre ponderata, aspetti che la contraddistinguono ogni volta che la vedo in scena. Il suo personaggio è ricco di sorprese che la metteranno sempre più al centro dell’attenzione in un piacevole e riuscito crescendo.

Poi c’è Tiko Rossi Vairo, un delizioso e riservato ballerino gay, tenero e divertentissimo quando cerca di dribblare le attenzioni delle colleghe con continui sotterfugi cercando di non svelare il suo lato nascosto. È un buono, gentile e tenerone. Tiko interpreta questo personaggio con molta dolcezza e delicatezza, evidenziando le difficoltà di vivere liberamente la sua vera personalità con molto tatto e discrezione.

Troviamo poi Alessio Chiodini nei panni di un operaio dal forte accento capitolino che aggiusta le strade, ma con il grande sogno di fare l’artista. Si ritrova quasi per sbaglio sul palco con l’ambizione di diventare ballerino per sostituire quello della compagnia, arrestato dai tedeschi. È un personaggio timido, impacciato ma dal grande cuore. La recitazione riesce a fargli palesare con efficacia quanto la sua situazione sia improvvisata, trasudando al contempo, con la sua eleganza, la voglia di riuscire ed inserirsi nel gruppo con i suoi maldestri ed impacciati tentativi per imparare la sua coreografia.
Realisticamente strepitoso.

alcazarLi raggiungerà un travolgente Alessandro Frittella nei panni di attore comico squattrinato. Alessandro propone il suo personaggio con un atteggiamento disinvolto, a tratti impettito, con un’impostazione forzatamente teatrale che lo rende assai simpatico proprio perché esagerata e a volte stucchevole per quanto è volutamente forzata. Passa in rassegna una serie di esperienze artistiche altisonanti, probabilmente mai avute, perché alla fine si accontenta di far parte di questa compagnia senza troppe pretese. Delizioso.

La storia è bella e ben proposta, ambientata in un momento storico in cui poveri e amabili diavoli sono alla vana ricerca di date in cui esibirsi per poter riempire lo stomaco e magari togliersi anche qualche debito.

La scenografia ripropone una sorta di scalcinata cantina, un rifugio antiaereo poco ospitale, volutamente scarno ed essenziale ma piuttosto realistico, con mobili malconci, una vecchia macchina da cucire, un grammofono, una bicicletta sgangherata, gli abiti di scena appesi sugli appendiabiti… Mentre le luci creano la giusta atmosfera, suoni di fondo che provengono dall’esterno e ben riconoscibili come spari, urla, bombardamenti, inequivocabilmente ci ricordano che siamo in piena guerra.

Grazie ad un’efficace sceneggiatura spiccano le personalità, i caratteri, i gusti, i sogni, le debolezze dei protagonisti, ma soprattutto viviamo le loro disavventure dalla platea, insieme.
Le vicende sono ben raccontate, divertiranno ma toccheranno anche la sensibilità dello spettatore, che si troverà catapultato negli anni ’40 e impelagato in storie presentate in maniera buffa ma fondamentalmente drammatiche.

Come appassionato storico, sottolineo come vengano inseriti egregiamente nella sceneggiatura riferimenti a fatti e luoghi reali della storia e come sia resa viva e realistica la paura delle bombe, degli attentati, dei tedeschi, del rastrellamento, della fame, della povertà.

I personaggi si muovono efficacemente nei loro costumi ispirati alla moda del periodo bellico, seppur con qualche piccola imprecisione storica del tutto assolutamente perdonabile, visto che la vicenda rimane oltremodo realistica e ben scritta. Gli attori poi sono assolutamente impeccabili, coinvolgenti, divertenti e bravissimi nel portare in scena diverbi, ripicche, battute, esternazioni ed atteggiamenti veri. Tutto è così reale che a volte sembra di sentire l’odore stantio di questo luogo, essere coperti da quella stessa polvere dei calcinacci smossi dalle bombe, o della sporcizia.
Si vive la tensione della guerra, mentre ci si aspetta di vedere da un momento all’altro l’entrata di soldati tedeschi che pongono fine ad ogni sogno dei personaggi; o di vedere entrare in scena gli Alleati, che ormai sono sul suolo italiano…
Il finale? Assolutamente bello, toccante e profondo. Una storia appassionante partorita dalla penna di Gianni Clementi. Il cast? Splendido, scintillante, esuberante, super!
Da vedere!

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