Berretto a sonagli di Luigi Pirandello

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (finalmente con il 100% della capienza delle sale)
Teatro Marconi

Regia di Antonello Avallone, con: Flaminia Fegarotti, Gianluca Delle Fontane, Susy Sergiacomo, Flavia Di Domenico, Alessandro Capone, Francesca Cati.

Il berretto a sonagli è il copricapo solitamente indossato dal buffone, conosciuto anche come copricapo della vergogna. Con questo dramma, che si svolge in una cittadina siciliana della sua epoca, Pirandello riprende alcune tematiche già trattate in altre novelle.

La storia verte intorno ad un tradimento subito da una donna, la quale per questo vorrebbe denunciare il marito fedifrago. L’incaricato di ricevere la denuncia è però restio a farlo perché non vuole inimicarsi l’influente marito, e dunque dopo varie situazioni alla donna viene proposto, per reclamare giustizia, di farsi passare per folle e poter così gridare a tutti la sua verità, “tutelando” con questo artificio tutti i coinvolti.

Pirandello evidenzia come una persona che abbia subito un’ingiustizia sia ancora preda della società, dei suoi congiunti e del destino beffardo. Un racconto che rispecchia appieno il suo pensiero. Secondo lo scrittore, infatti, ogni filosofia crolla di fronte alla bestia irrazionale che è nell’uomo, il quale, imbrigliato dalle sue stesse leggi e dalle consuetudini della società che lui stesso ha creato, finisce per divenire un burattino nelle mani del destino capriccioso. L’individuo, secondo Pirandello, veste una maschera che cozza contro la stessa natura del soggetto, costringendolo ad un cambiamento che viene accettato per convenienza, pigrizia o per quieto vivere. Questo fino a quando non si ribella, esplodendo e abbattendo tutti quegli schemi preordinati che aveva adottato. Un’illusione, secondo Pirandello, perché anche questa mutazione imbriglia di nuovo il soggetto in un’altra forma, che gli impedirà il ritorno all’altra.

Non nascondo un certo piacere ogni qualvolta ritorno al Teatro Marconi, questo perché spesso e volentieri mi trovo lì per assistere agli interessanti spettacoli che propone. Ogni volta ritrovo quel clima famigliare e piacevole che mi fa sentire a casa. Non posso allora non scambiare le mie solite due chiacchiere con Maria e Manuela alla reception e con Felice Della Corte, il direttore, sempre molto accoglienti sia con me che con i loro ospiti.

Lo spettacolo.

Già dalle prime battute ho capito di trovarmi davanti ad un cast di super attori. Dei veterani, gente navigata, mostri sacri della scena. I loro personaggi risultano subito persuasivi, incisivi, credibili e realistici. La forte connotazione teatrale che i nostri danno al loro ruolo, cavalcando ed evidenziando efficacemente il pensiero di Pirandello, enfatizza ancora di più il risultato.

Beatrice (Flaminia Fegarotti), è la signora tradita e sofferente che cerca riscatto. Soggetto vivacizzato efficacemente dall’attrice con i suoi altalenanti umori, è in bilico tra il desiderio di giustizia ed un velato desiderio di rivalsa se non addirittura vendetta. Federico (Alessandro Capone), è il fratello sempre in bolletta a causa dei suoi debiti di gioco, un personaggio non propriamente gradevole, anzi irritante, ma al quale di fondo l’attore dona un retrogusto simpatico. La governante e allevatrice di Beatrice Fana (Flavia Di Domenico), è perfetta con i suoi modi ed atteggiamenti; ricca di espressività, con la sua interpretazione Flavia sembra uscita da uno di quei vecchi film in bianco e nero, bravissima. Il suo personaggio è molto vicino a Beatrice; insieme alla madre Assunta (Susy Sergiacomo), vedova temprata dalla vita, austera, travolta anche lei da questo scandalo, cercano di dissuadere Beatrice a procedere nella denuncia. Entrambe sono lo specchio di questa società ipocrita e patriarcale, antagoniste della Saracena (Francesca Cati), una sorta di maga zingara che con le sue rivelazioni spinge Beatrice a denunciare il marito traditore. Lei è un personaggio reietto e scansato da tutti, sembra essere il fulcro che può scardinare questa società. Ciampa, invece (Antonello Avallone) è l’uomo del Cavaliere: servizievole, obbediente, un tipico marito siciliano che nonostante controlli maniacalmente la moglie, è il “becco”. Viene tradito dalla moglie proprio con il Cavaliere. Poi c’è Spanò (Gianluca delle Fontane), il delegato o vice commissario, divertente ed esuberante, che titubante deve prendere la denuncia della povera moglie. Una macchietta ben rappresentata da Gianluca che entra in perfetta sintonia con il personaggio pirandelliano, infatti esprime appieno quella connotazione negativa di servitore di uno Stato che lo scrittore non apprezza.

Dopo il primo atto “preparatorio”, nel secondo tutto diventa più movimentato. Il cavaliere è arrestato con la moglie di Ciampa, sua amante. Ciampa messo al corrente, inveisce contro Beatrice perché secondo lui è quello più colpito dallo scandalo. Altro modello che rispecchia appieno la falsa morale dell’epoca. Lui per primo, insieme agli altri, induce ipocritamente Beatrice a passare da pazza per poter urlare la verità. Grazie allo stato di pazzia, salvaguarderà lui e gli altri dallo scandalo. Antonello è un crescendo, in questo secondo atto. Nel primo appariva succube, servizievole, passivo. Ora esplode, sarà proprio lui a tirare in ballo il titolo dell’opera, colui che per la morale rischia di indossare il berretto a sonagli. Si rivela più ferito e timoroso per le malelingue che per il tradimento subito. Sia Beatrice che Ciampa sono nella stessa situazione, ma la prima è una donna… Anche in questo è evidente la critica di Pirandello alla società ipocrita che schernisce e umilia con la sua opera. Un cast mirabile, professionale, eccelso, dove ognuno fa spiccare il difetto del proprio personaggio, disegnato così bene da Pirandello. Uno spettacolo con la “S” maiuscola.

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