“Il grande Grabski”

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Teatro de Servi
Di Paolo Vanacore e Marco Rinaldi
regia di Paolo Vanacore
Musiche originali di Alessandro Panatteri

Quando riesco, mi piace andare a rivedere quegli spettacoli che mi hanno colpito particolarmente e magari, con l’occasione, incontrare di nuovo il cast, ancora meglio insieme all’autore e al regista. Rivedere uno spettacolo spesso aiuta a entrare nel profondo e a concentrarsi maggiormente sulla recitazione, a notare particolari e sfumature che erano sfuggiti, ad apprezzare miglioramenti raggiunti nel corso delle repliche.

Tony Fornari è Maurizio, un quarantenne che ricorda un personaggio ispirato a Verdone. Ha un disturbo sessuale abbastanza antipatico, l’eiaculazione precoce. Sua moglie è Francesca (Carmen Di Marzo), una donna autoritaria che schiaccia il povero marito convincendolo che la sua è una vera e propria malattia. Intanto la bella Francesca si diletta con altre esperienze per mitigare l’inabilità del povero marito, che intanto obbliga ad andare in terapia dall’insolito ed originale dottor Grabski, un fantastico e memorabile Riccardo Bárbera.

La coppia di attori Tony – Carmen si rivela affiatata e complice, ma è con Riccardo che la commedia esplode. Senza adombrare gli altri, l’istrionico Riccardo prende il sopravvento, avvicendandosi nella storia con i problemi della coppia, resi molti realistici dalle discussioni del testo.

Ma torniamo al nostro “dottore”, che altri non è che un amabile ciarlatano ed impostore, non dissimile da quelli di cui la moglie ottusa si attornia. Grabski si arrampica tenacemente sugli specchi con metodi assolutamente poco ortodossi e discutibili, fraintendendo e reinterpretando la psicologia, per curare il povero Maurizio, spennandolo ma non risolvendo il suo problema.

Dapprima cerca di convincerlo della sua omosessualità latente, poi getta le responsabilità del problema sul cattivo rapporto con la famiglia e infine imbastisce una serie di cause inesistenti, mentre continua a ricevere parcelle onerose dal paziente.

Le pressioni su Maurizio dal medico e della moglie sono lo indurranno ad inventare di sana pianta i sogni, accompagnati da disturbi inesistenti, che racconterà allo psicanalista per non farlo arrabbiare e gestire le pressioni della moglie.

Durante la terapia sia il medico ciarlatano che la moglie cambieranno più volte i loro fallimentari percorsi, lei passando da una disciplina orientale all’altra e facendo prosciugare il conto in banca del marito dal “maestro” spirituale di turno, lui adottando svariate teorie, da Freud a Lacan fino a Jung… ma senza risultati almeno apparenti…

Lo spettacolo è molto divertente ed al contempo inquietante. Non si può non riflettere su tutte le situazioni in cui il malcapitato strattonato da una parte e dall’altra viene invischiato, così come può accadere anche nella realtà. Quante situazioni analoghe abbiamo sentito?

Marco Rinaldi, attraverso l’ottima regia di Paolo Vanacore ci propone un viaggio nella psicologia da quattro soldi, quella che rovina le persone che avrebbero invece bisogno di aiuto e di certo non possono trovarlo nella Wanna Marchi di turno.

Quanti impostori esistono che si celano dietro un’apparente serietà nel campo pseudo medico, così come nelle discipline orientali con il solo scopo di fare i propri interessi senza porsi il minimo scrupolo sull’esito negativo inflitto alle loro vittime? C’è da rabbrividire. Una rete in cui cadono chissà quanti disperati, afflitti da ogni disturbo e problematica, che con speranza si mettono nelle mani di personaggi senza scrupoli. Ovviamente qui si affronta tutto in maniera ironica e divertente.

grabskiMaurizio forse è l’unico vincente della storia, l’unico che si mette in discussione arrivando a sue conclusioni e a scelte importanti, anche se si ritroverà a raccogliere le macerie di quanto costruito nella relazione sentimentale, sul lavoro e nella sua famiglia d’origine.

In fondo c’è una sottile morale, secondo cui ognuno riceverà una lezione dalla storia e troverà la sua dimensione.

La scenografia è un tocco di classe con la rappresentazione di una bellissima stampa di Escher, mentre il palco è suddiviso in due aree: quella a sinistra dove predomina il colore rosso, forse a voler ironicamente rappresentare la passione e dove, guarda caso, si muove l’avvenente e furbetta moglie. In quella di destra invece è predominante il giallo, spesso associato all’infedeltà e al tradimento, dove invece si trova e opera lo psicanalista.

Uno strepitoso Riccardo Barbera dona al personaggio una vasta gamma di espressioni esilaranti, accompagnate dalla buffa voce e dall’improbabile accento russo o polacco, infarcita di continuo di strane ed esilaranti sonorità che mi riportano alla mente il folle dietologo tedesco della clinica Gestapo di Fantozzi. Una macchietta divertentissima.

Tony interpreta un simpatico bonaccione che in fin dei conti si rivelerà anche piuttosto smaliziato e posato, se non fosse stato soggiogato dalla dipendenza emotiva con cui la moglie lo tiene al guinzaglio. L’attore diverte molto con le sue sagaci battute e i suoi buffissimi atteggiamenti. I due attori sul palco sono un ciclone irrefrenabile, ironici, comici, caricaturali, esageratamente divertenti. Una coppia artistica di gran valore. Carmen si rivela una saporita e gustosa ciliegina sulla torta e fulcro della storia.

Divertimento assicurato!

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