“Insieme a te non ci sto più”

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona e oltre

Piccolo Teatro San Paolo
Di Adriano Bennicelli

Regia di Matteo Vacca

Con: Elisa Pazi (Arianna, la moglie di Andrea), Fabrizio Pallotta (Andrea, l’architetto), Serena Ricci (la cliente assillante), Eric Bastianelli (lo psicanalista-muratore), Francesca Baragli (Aisha, la zingara).

Siamo nel 1989, un anno di grandi cambiamenti non solo nazionali ma anche internazionali, come sottolinea Adriano Bennicelli, e anche per la vita di coppia di due personaggi.

Indaffaratissima Giulia Perini, attrice anche lei, in questo spettacolo è impegnata nell’organizzazione dell’evento. La trovo all’ingresso, sempre sorridente, a ricevere il folto pubblico che anche oggi riempirà la sala.

Proprio l’altra sera passavo di qui e ho visto uscire, a fine dello spettacolo, un pubblico numeroso piuttosto sorridente e visibilmente soddisfatto. Stasera tocca a me! Conosco tutto il “reparto femminile” della commedia: sono attrici che hanno la mia stima e che ammiro per la bravura, avendo avuto modo di vederle in altri spettacoli che in passato mi hanno fatto tanto divertire.

La scrittura, poi, è di Adriano Bennicelli, sceneggiatore che sto seguendo attentamente attraverso le sue proposte (e anche di persona, visto che è molto affabile e simpatico), come fossero una cura per il buon umore. Inoltre, alla regia c’è il grande Matteo Vacca, e anche lui sto “stalkerizzando”, da tempo. Lo seguo spesso perché lo apprezzo sia come attore che come regista… Posso uscire scontento dopo aver assaporato questo prelibato minestrone?

Lo spettacolo è frizzante ed effervescente, come ci ha ormai abituato Adriano Bennicelli. Deliziosa la scenografia e le azzeccate musiche, che ci riportano immediatamente alla fine degli anni Ottanta. Il salotto riprodotto sulla scena è opera di Elisa, che lo ha ricostruito rispecchiando esattamente i canoni del periodo. Non contenta, ha allestito anche una specie di anticamera sempre a tema nel foyer, dove svetta un cartellone a grandezza naturale che riporta l’anno 1989, quello in cui si svolge la storia. Proprio lei ha portato qui i mobili che vediamo, che sono un assaggio di ciò che troveremo sul palco. Un tocco veramente delizioso di questa portentosa attrice che oggi veste anche i panni di scenografa ed organizzatrice!

In profondità, coperta da una rete invisibile, quando sapientemente illuminata, si può godere della seconda parte della scenografia, quella che rappresenta un villaggio di zingari: copertoni in disuso, uno stendino e altra rigatteria sparsa disordinatamente tutta intorno. La storia che vedremo è raccontata da un “muratore-psicologo” che, mentre si veste con i propri panni di imbianchino per lavorare, ci introduce nella storia. Lui è il narratore, una sorta di Virgilio comico che ci porta in questo viaggio nel passato dapprima accompagnandoci, poi diventando parte integrante della narrazione. Ci racconta chi è e poi ci fa conoscere i personaggi.

Andrea (Fabrizio Pallotta) è un architetto frustrato con idee di sinistra ormai superate, visto che il suo partito sta scomparendo e per fondersi in nuove correnti. Stravolto dai cambiamenti politici e sociali di quell’anno, lo è anche dai suoi impegni lavorativi, appesantiti da una singolare clientela, una in particolare davvero insopportabile.

Arianna (Elisa Pazi) è tormentata da un incubo ricorrente: scongelare dei prodotti ittici. Il suo alter ego le manda messaggi non proprio chiari, che sono una ripercussione sulla sua psiche della crisi non accettata con il marito. Elisa è dolcissima nei panni di questa moglie in difficoltà, esterna passione e sofferenza, ma anche quando serve la giusta comicità. Insieme a Fabrizio, bravo e coinvolgente dà vita ad esilaranti scenette in cui si intromette costantemente il muratore rumeno (Eric Bastianelli), che in realtà è uno psicologo emigrato in Italia e costretto a lavorare come operaio. Sarà lui ad aiutare la donna ad interpretare e a capire il suo sogno. Eric è divertentissimo con il suo accento rumeno e con i suoi strafalcioni linguistici.

Fabrizio intanto scappa di continuo dalla sua cliente fastidiosa (Serena Ricci), uno dei motori portanti della serata. Con il suo modo sgangherato di parlare, riesce a storpiare ogni singola parola facendo divertire il pubblico ed impazzire il povero architetto che non solo cerca vanamente di correggere il suo vocabolario, ma anche di dissuaderla dai suoi discutibili gusti e dalle sue assurde pretese con cui vuole ristrutturare la casa. Serena veste i panni di una donna alquanto rozza della periferia romana, vestita in maniera appariscente, buffa, inguardabile, deliziosamente orrenda.

Poi c’è un’altra chicca, la zingara romena Aisha (Francesca Baragli), più romana che rumena, scopriremo, intenta a cercare di leggere la mano a chi incontra riempiendolo di fandonie per distrarlo e rubargli il portafogli, come accadrà al nostro povero architetto.

La commedia, già scoppiettante e frizzante, è arricchita dalla trovata del metateatro: i personaggi alcune volte si inseriscono bruscamente e improvvisamente esibendosi direttamente in sala, tra il pubblico, rompendo la quarta parete e coinvolgendo i presenti. Si creano così scenette proprio in platea, direttamente in mezzo al pubblico, coinvolto nelle peripezie.

Che dire? Tutti si sono divertiti tantissimo perché la storia è davvero simpatica e gli attori portentosi.

insieme a teGli ingredienti sono tanti: un matrimonio in frantumi da salvare, un innamoramento inaspettato, anzi due; un uomo che capisce quali sono state le sue carenze verso la moglie; una zingara dolcissima che si rivelerà essere molto profonda; una moglie deliziosa e fragile e una cliente rompiscatole quanto basta per divertire; e non dimentichiamoci il singolare muratore! Insomma, oltre a ridere tanto, ho trovato molto interessanti i retroscena di questa commedia, sapientemente inseriti nella sceneggiatura: il forte sentimento d’amore che tocca un po’ tutti, il tema dell’ inclusione che coinvolge il lavoratore straniero, ma anche la zingara fino alla borgatara, tutti a loro modo dei reietti redenti. La scrittura del buon Adriano riesce a toccare l’intimo dello spettatore donando una profonda umanità ad ogni suo riuscito personaggio; la sua scrittura ha preso vita attraverso questi bravi e coinvolgenti attori.

Bello, simpatico, divertente, toccante.

Le foto di scena più belle sono di Valerio Faccini, quelle amatoriali sono le mie.

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