“La vita al contrario, il curioso caso di Benjamin Button”

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Teatro Ghione
di Francis Scott Fitzgerald
Elaborazione teatrale di Pino Tierno

Con Giorgio Lupano ed Elisabetta Dugatto, ideazione scenica di Lorenzo Cutuli, colonna sonora di Giovanna Famulari e Riccardo Eberspacher
Costumi di Laura dè Navasques costum Epoque
foto di Franco Oberto

regia di Ferdinando Ceriani

Ho visto un po’ di tempo fa Giorgio Lupano in compagnia di Enrica Pintore ed Ermanno De Biagi in “Proposta di matrimonio” di Checov, riadattato da Marinè Galstyan. Una prova memorabile che mi lasciò estasiato, sia per come era stato proposto Checov, forse una delle poche volte in cui l’autore è stato davvero compreso in tutta la sua essenza, sia per la fantastica interpretazione di questi tre attori. Stasera sono qui non solo per vedere Giorgio Lupano in una nuova veste, ma perché sono sicuro che mi riserverà nuove sorprese.

Giorgio si racconta nelle vesti di un uomo che ha vissuto al contrario, nascendo vecchio e morendo giovane. Si tratta di una trasposizione teatrale del film del 2008 di David Fincher, con Bradr Pitt e Cate Blanchett, pubblicato come romanzo per la prima volta nel 1922 da Fitzgerald. Una storia davvero particolare.

Nato ottantenne nel corpo di un bambino, Nino Cotone affronta la vita all’ inverso. Per un gioco del destino, del fato, della natura o di Dio vive l’infanzia da anziano e la vecchiaia da bambino. Una storia così atipica che il protagonista vuole raccontarla nel timore di dimenticarla, quando regredendo allo stato di neonato si ritroverà senza i suoi ricordi.

Pino Tierno, con questa sua riedizione, ci fa riflettere sul significato della vita. Ambienta la storia in Italia ( cambiando nome al protagonista), in un periodo che va dall’Unità d’Italia ai primi anni Sessanta.

Giorgio, nei panni di Nino Cotone, appare sul palco con una valigia che simbolicamente contiene tutti i ricordi della sua singolare vita.

Facendoci partecipi delle sue perplessità, si interroga sul significato della vita, sulla sua imprevedibilità, sulle scelte personali che la forgiano e sull’ineluttabilità della morte. Dalla valigia tira fuori una vecchia cartella piena di fogli ingialliti sui quali è scritto il racconto della sua vita e man mano che la narra, i fogli gli cadono di mano come foglie secche autunnali che si spargono per tutto il palco.

Dalla valigia estrae anche gli abiti di una vita, che indossa per adeguarsi al suo percorso al contrario, o per impersonare coloro che attraversano la sua vita come il padre, il figlio, il preside della sua scuola, il socio di lavoro del padre, della moglie, mentre ne imita le voci; cambiando anche quella di Nino, per sottolinearne la lenta regressione.

Giorgio con grande bravura ci immerge in questo assurdo mondo, toccandoci attraverso le esperienze del personaggio e facendoci anche sorridere delle sue vicende.

Nino crede che ogni vita sia speciale ed inimitabile, ma sa che per tutte prima o poi arriverà il momento di lasciare questo mondo. Per questo bisogna farla fruttare facendo le scelte giuste e viverla appieno prima di morire. Così, Nino cerca la sua immortalità attraverso i ricordi; è per questo che ci racconta la sua storia, perché quando non ci sarà più, rimarrà il suo racconto come testimonianza della sua esistenza.

La sceneggiatura arricchisce il racconto sfiorando accadimenti storici importanti tra cui l’Unità d’Italia e i conflitti mondiali… È resa ancora più efficace con l’aggiunta di musiche al passo coi tempi e di rumori che scandiscono le vicende. Un modo, questo, per avvicinare lo spettatore alla nostra storia e renderlo partecipe del nostro passato. Tutto fantastico e molto suggestivo grazie ad una scenografia scarna ed essenziale che utilizza pannelli trasparenti opacizzati che danno una visione onirica e fantastica ad alcune sequenze. Giorgio interpreta numerosi personaggi con una recitazione sopraffine e magistrale sempre in bilico tra comicità e drammaticità.

Sarà accompagnato in questo viaggio da Elisabetta Dugatto, una deliziosa figura che impersona le donne della sua vita. Cambiando abiti (sempre stupendi), apparirà nei panni dell’infermiera che lo vede nascere, della sua balia, della moglie Bettina che tanto ha amato e poi delle sue innumerevoli avventure passionali. Elisabetta è molto dotata, si esibisce in un ballo romantico e bello con Giorgio, poi in una serie di balli che attraversano vari stili del tempo. Con una voce melodiosa mai esagerata, canta brani famosi che accompagna danzando con eleganza e classe che lasciano ammutoliti: “Baciami piccina sulla bocca”, “Maramao perché sei morto”, “Pippo non lo sa “ e altri brani vengono melodiosamente eseguiti in un medley ben fatto che fa battere il piede a tempo. Come un fantasma appare dietro i pannelli opachi, ma anche davanti, con acconciature, vestiti, cappellini in tema con la moda dell’epoca. Davvero brava.

Giorgio, istrionico, rapisce il pubblico, lo incolla alle poltrone. Bravissimo nell’incarnare le numerose personalità che porta in scena, dando efficacemente voce sia a personaggi maschili che femminili, saltando repentinamente da uno all’altro e arrivando a inscenare efficaci e realistiche conversazioni. Porta avanti la storia con maestria, rendendola sempre più profonda e toccante in un esaltante crescendo fino al triste e toccante epilogo. Un monologo impegnativo e faticoso, che lo vede impegnato per un’ora ed un quarto intensamente senza mai un calo di tono. Affascina il pubblico che sorride alle genuine battute, ma soprattutto si commuove per la sua tenerezza.

Spettacolo gradevole, intenso, profondo, delicato e toccante.

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