“Seduta in quel caffè” Teatro Porta Portese

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (senza più l’obbligo di distanziamento)

Parole e musica di Elisabetta Sciabordi
Con Elisabetta Sciabordi, Marina Vitolo e il Duo 5M, regia Mariella Pizziconi

Non so quante volte avrò visto Marina Vitolo in teatro, ma non ne ho mai abbastanza. Poliedrica, divertente, esuberante, impetuosa, passionale. Mi sono affezionato a lei come artista, ma anche alla persona vera, schietta, sincera. L’ho sempre vista ed apprezzata nei suoi ruoli comici, stasera invece la vedrò in questa nuova veste, uno spettacolo diverso dal solito, in attesa peraltro del suo imminente “Filumè” tratto da De Filippo.

Lo spettacolo di stasera nasce da un’idea di Elisabetta, mentre era seduta al tavolo del bar Corona. Il nome del luogo non poteva essere più azzeccato per l’ispirazione, visto che è stato realizzato durante il lockdown, riadattato per il teatro dalle sapienti mani di Mariella. Le due “presenze”, Elisabetta e Marina, sono accompagnate, durante lo spettacolo, da brani famosi eseguiti dal duo composto da Veronica Cinque e Stefano Manganelli.

Mentre Elisabetta pensa e scrive a voce alta i suoi pensieri che riguardano un po’ tutto (esperienze, riflessioni accadimenti…), Marina a poca distanza da lei, evidentemente il suo alter ego privo di freni inibitori, rielabora a suo modo quanto detto riproponendolo nella forma di un’ avvincente recitazione.

Da stasera nei teatri non c’è più l’obbligo di distanziamento e la capienza disponibile sale all’ 80%. Dunque la sala del teatro Porta Portese è piuttosto gremita e questo non può che fare piacere a chi si esibisce.

Lo spettacolo comincia, il duo musicale è posto sul lato sinistro del palco che è appena illuminato, così risulta evanescente, onirico, d’impatto. Elisabetta, posta sulla destra dietro a un tavolino, è la mente, colei che scrive, riflette, pensa, poetizza. Marina, al centro, spicca da subito con la sua potente personalità; lei è il braccio. Recita, interpreta e trasforma in azione i sentimenti e i pensieri narrati dalla scrittrice, facendoli vivere, liberandosi e dandogli luce, colore e sfumature. Il supporto fornito dai due musicisti con i loro intermezzi musicali è piuttosto efficace. Il bravo chitarrista Stefano sembra sfiorare le corde, mentre la graziosa ed angelica Veronica canta con la sua voce dolce e sapientemente misurata. Insieme accompagnano e accarezzano i pensieri che dalla penna di Elisabetta si materializzano e volano nella sala insieme alle note. Ne nasce una proposta gradevole, piacevole, rilassante, oserei dire riservata, per soli intimi. Questa colonna sonora sarà sempre moderata, flebile, educata e mai invadente, in grado di riempire gli stacchi in modo piacevole ed enfatizzare le emozioni della narrazione. La vena ironica di Marina fa il resto, condisce e scandisce con maestria e capacità i pensieri di Elisabetta. Mariella, con la sua esperienza e il suo tocco, come un maestro d’orchestra ha saputo unire queste forze, scegliendo in Marina un valido alter ego, e poi riuscendo a miscelare due caratteri così diversi tra loro sfruttandone le potenzialità e le capacità e fondendole in un’unica, efficace, magica sinergia. Divertente il momento in cui Veronica tocca sul vivo la napoletanità di Marina, cercando di cantare una versione volutamente discutibile di “O Sarracino”. Qui Marina, che aveva finora nascosto il suo marcato accento napoletano con un impeccabile italiano, sporcato di tanto in tanto da battute in romanesco, si spoglia di questa veste e, coinvolgendo il pubblico, canta la canzone dandogli la giusta connotazione. Divertente siparietto voluto da Mariella e che, secondo me, è assai efficace perché imprevisto. Un colpo ben riuscito, direi una pennellata d’artista; un assolo che scatena applausi e risate che sembrano spezzare l’incanto che si era creato. Ma quell’atmosfera pacata e a tratti surreale è stata così ben strutturata, che ci si rimmerge subito. Segno che la linea percorsa e marcata dello spettacolo ha lasciato il suo segno nei presenti, che non ne hanno perso il tracciato.

seduta in quel caffèHo avuto l’impressione che Elisabetta fosse una persona che volesse realizzare il suo sogno di sempre, quello di trasmettere le sue emozioni attraverso le parole, portandole efficacemente in scena, e che per farlo come desiderava si sia messa nelle mani di validi professionisti.

Nell’ Elisabetta trasognata ho avuto la sensazione di veder la fanciulla sopita che è in lei fare capolino, quella stessa bambina che forse sognava di calcare le scene per raccontarsi ed esibirsi. Nonostante fosse palpabile la sua emozione, ha superato le sue difficoltà abbandonandosi con fiducia a Mariella e Marina. Quest’ultima sono convinto, è riuscita ad interpretare al meglio il suo pensiero, dando voce a quella sua parte più nascosta, quella esuberante e frizzante che gelosamente Elisabetta tiene nascosta dentro di sé. Questo che sembrava inizialmente essere un improbabile sposalizio, viste le diverse personalità, si è rivelato essere una dicotomia di successo, perché la chiave del successo è da cercare proprio nelle loro diversità. Sono sicuro che questa signora matura, dolce e profonda, sia riuscita a coronare il suo sogno.

 

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