La chiesa è situata all’interno dell’area archeologica dei Fori imperiali, ai piedi del colle Palatino.
Nel 552, quando i Bizantini presero Roma, una volta insediatisi si impegnarono a restaurare la città. Le mura, gli acquedotti e gli ormai vecchi palazzi imperiali. Trovarono poi in questo luogo, un’aula rettangolare e un quadriportico, rovine di precedenti costruzioni sulle quali decisero di edificare una cappella dedicata alla Madonna.
Prima di allora, le chiese all’interno delle mura portavano il titulum (il nome, o l’intestazione), del proprietario del luogo che ospitava la costruzione; le nuove chiese invece, sorgevano fuori le mura, spesso sulle tombe dei martiri o nei luoghi dove erano stati martirizzati. La loro sacralità serviva poi ad esorcizzare i fantasmi del paganesimo.
Una leggenda legata a questo specifico luogo, narra che papa Silvestro avesse qui ucciso un dragone. L’allusione è alla “vittoria” del culto cristiano su quello di Vesta, effigiata infatti con queste sembianze nel tempio limitrofo a lei dedicato.
La chiesa verrà continuamente restaurata e abbellita dai vari papi che si succederanno come Martino I, Giovanni VII, Zaccaria, Paolo I e Adriano I. Dopo il devastante terremoto dell’847 che fece franare sopra la chiesa una parte dei palazzi sovrastanti, venne abbandonata e in seguito dimenticata.
Così Papa Leone IV trasferì il titolo della chiesa in un’altra che sarà chiamata Santa Maria Nova, oggi conosciuta come basilica di Santa Francesca Romana, sita sempre nell’area dei Fori e non lontano da questa.
Sui suoi ruderi venne poi costruita nel XIII secolo una piccola chiesetta, riedificata successivamente nel 1617 dall’architetto Onorio Martino Longhi detto il vecchio, col titolo di Santa Maria Liberatrice.
Il titolo e la memoria saranno poi trasferiti nella nuova chiesa di Testaccio, che fu appunto denominata S.Maria Liberatrice, insieme alla Sacra Immagine del XVI secolo che rappresenta la Madonna col Bambino, sistemata sull’altare maggiore.
Le altre opere d’arte furono invece trasferite nel Monastero delle Oblate di Santa Francesca romana di Tor de’ Specchi, vicino al Teatro Marcello.
Gli scavi eseguiti tra il Sette e l’Ottocento, riportarono alla luce una parte degli antichi affreschi. Venne allora abbattuto l’edificio del Longhi per riportare alla luce la chiesa originale che venne restaurata e consolidata insieme agli affreschi.
Accanto all’ingresso di S.Maria Antiqua è situato un ambiente, probabilmente di età traianea, trasformato con l’aggiunta di un’abside in un oratorio cristiano, detto Oratorio dei Quaranta Martiri.
È dedicato ai quaranta soldati cristiani della legione detta Fulminante (la XII Legione Fulminata fondata da Giulio Cesare), annegati durante la persecuzione di Diocleziano in uno stagno gelato della Cappadocia; così come rappresentato sulla parete di fondo in un affresco databile VIII secolo.
Provati dalla sete durante un accerchiamento dei Quadi in Germania, pregarono Giove a cui erano legati (Fulminata da fulmine, simbolo del Padre degli dei) per aiutarli ad uscire da questa difficile situazione, quando ecco che cominciò a piovere.
Il miracolo venne però attribuito alla preghiera cristiana e non a quella pagana fatta a Giove. Il fatto risalirebbe al 172 d.C. sotto il regno di Marco Aurelio.
Seppure la Grande Persecuzione venne avviata da Diocleziano nel 303, i “Quaranta Martiri di Sebaste” (320 d.C.), furono martirizzati per ordine dell’imperatore Licinio, che regnò tra il 308 e il 324.
La chiesa aveva una forma basilicale con un’ aula rettangolare suddivisa in tre navate. Nel muro posteriore venne ricavato un piccolo abside, ai lati del presbiterio invece furono ricavate due piccole cappelle.
Nel cortile quadrato usato come vestibolo, si trovano ancora i resti di un impluvio dell’epoca di Caligola ( sul trono dal 37 al 41 a.C.). Lungo le pareti, le nicchie presenti ospitavano molto probabilmente statue di imperatori. Qui sono state trovate tracce di affreschi risalenti all’epoca di papa Adriano I.
A sinistra della chiesa c’è una rampa che sale fino al Palatino, questa fu edificata nella seconda metà del I secolo d.C sotto Domiziano da cui prende il nome. Collegava il Foro romano, cuore politico e amministrativo della città, con il centro del potere, ovvero il Palazzo imperiale.
Si snodava lungo sette salite e sei tornanti per un altezza di 35 metri. Delle sette salite originali ne sono rimaste però solo quattro, ora accessibili e che terminano su una terrazza che offre una splendida vista sul Foro.
La rampa era celata dalla chiesa barocca di Santa Maria Liberatrice e venne alla luce durante gli scavi di Giacomo Boni insieme ai resti della chiesa di Santa Maria Antiqua.
All’interno del luogo di culto sono ancora visibili circa 250 m2 di affreschi, dei circa 1.000 originari dipinti tra la metà del VI e del IX secolo.
La loro datazione si basa sui cartigli rappresentati e dalla presenza di personaggi ritratti col nimbo (aureola). Quella quadrata azzurra era usata per rappresentare le persone viventi, mentre quella tonda giallo oro era riservata ai santi e ai martiri deceduti. Tra questi affreschi c’è la prima rappresentazione conosciuta della Madonna in trono.
Questo affresco così importante e particolare è conosciuto come “Le tre Sante Madri” e rappresenta Maria con il Bambino posto in un ovale, sant’Anna con in braccio Maria bambina e sant’Elisabetta con in braccio san Giovanni.
Il tipo di pittura con cui sono stati realizzati è quella cristiano-romana, al tempo della massima influenza dell’arte greco-copta.
Il ciclo degli affreschi è molto importante per conoscere la pittura bizantina, questo perché dopo la crisi iconoclasta del 726, in Oriente non è sopravvissuta nessuna immagine sacra di quel periodo.
Nella navata di sinistra vi sono due fasce di affreschi, in quelle in alto ci sono scene del Vecchio Testamento, purtroppo molto rovinate, in quelle sottostanti si trova Cristo in trono posto fra santi, papi e martiri.
In fondo, in una piccola cappella detta di Teodoto ( lo zio di Adriano I, ritratto identificato grazie ad una iscrizione), si può ammirare una Crocifissione con Cristo raffigurato vestito con i piedi non sovrapposti.
I dipinti rispondono sia alla tradizione bizantina che ad una più moderna, che pone particolare attenzione ai dettagli più realistici, come i paletti conficcati alla base della croce per puntellarla, il terreno su cui si trovano Maria e Giovanni, il dinamismo di Longino con la lancia del Destino e quello del suo compagno d’armi che tiene in mano la spugna imbevuta di aceto.
Cristo inoltre e dipinto vestito mentre indossa il colobium, una tunica smanicata usata dai primi monaci.
Troviamo poi le storie di san Quirico e di santa Giulitta sua madre, mentre nell’abside si trova Cristo con la Vergine, san Giovanni Crisostomo e San Basilio con un cartiglio contenente chiari riferimenti al Concilio Lateranense del 659.
A destra dell’abside sono stati scoperti più strati di affreschi, riconducibili a quattro fasi successive.
Il più antico è databile al periodo della liberazione Bizantina dai Goti, è quello con la figura della Madonna abbigliata come un’imperatrice bizantina, col Bambino e un angelo.
Alla seconda fase appartiene l’affresco raffigurante l’ Annunciazione, di cui restano visibili il volto della Madonna e il cosiddetto “Angelo Bello” databili fra 565 e 578.
Il terzo periodo propone le figure dei Santi Basilio e Giovanni realizzati nel 650 circa.
L’ultimo strato risale invece all’epoca del pontificato di Giovanni VII, tra il 705 e il 707, e raffigura San Gregorio Nazianzeno.
Una musica in sottofondo accompagnerà il visitatore per tutto il percorso. Si incontreranno due sale particolarmente affrescate, arricchite con moderni effetti speciali luminosi, che servono ad evidenziare particolari poco chiari o che ricostruiscono graficamente le parti mancanti dell’affresco.
Più avanti uno schermo ricostruisce virtualmente tutti i dipinti e la struttura interna della chiesa.
La chiesa fa parte di uno dei “super siti” che si trovano all’interno dei Fori imperiali, a cui si può accedere con un piccolo sovraprezzo sul biglietto d’ ingresso in orari che variano a seconda delle stagioni.
È dunque il caso di consultare il sito ufficiale del Parco Archeologico dell’Appia Antica per avere gli orari precisi, tenendo presente che le prime domeniche del mese, quelle con ingresso gratuito, il sito rimane chiuso.
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