Rapporto Agi-Censis. Gli italiani alla scuola: abbiamo bisogno di voi

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Buona volontà e impegno degli insegnanti non bastano ad assicurare l’inclusione nei processi educativi di tutti gli studenti.

Il primo rapporto Agi-Censis nell’ambito del nuovo progetto finalizzato allo studio della reazione del nostro Paese davanti all’emergenza.

Tra le numerose difficoltà legate all’emergenza Covid-19, la scuola è andata avanti soprattutto grazie all’impegno personale delle diverse figure coinvolte.

Ma, nonostante la proliferazione di progetti, iniziative, iniezioni di tecnologie, formazione dei docenti e sperimentazioni di modelli didattici innovativi, si è proceduto in ordine sparso, senza riuscire a fare sistema. È quanto emerge dall’indagine alla base del primo rapporto Agi-Censis nell’ambito del nuovo progetto «Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», che mira ad analizzare le difficoltà che l’Italia si porta dietro dal passato, i nervi scoperti che hanno comportato l’impreparazione ad affrontare al meglio l’emergenza legata all’epidemia del Covid-19, per guardare in modo costruttivo al futuro.

L’indagine, condotta su un campione di 2.812 dirigenti scolastici (pari al 35% del totale dei presidi italiani), si è concentrata sull’emergenza Covid-19 che si è abbattuta sulla scuola: un universo composto da 8,5 milioni di studenti e famiglie e da un altro milione di persone tra docenti, dirigenti scolastici e amministrativi, personale Ata.

Il 98% dei dirigenti scolastici ritiene che gli studenti abbiano dimostrato di avere spirito di adattamento e di collaborazione. Per il 99% i docenti stessi sono stati animati da buona volontà per fare del loro meglio, anche quelli che si sono ritrovati catapultati nelle rete da un giorno all’altro. Il 94% dei dirigenti delle scuole del primo ciclo e il 68% delle scuole secondarie di secondo grado riconoscono che i genitori stanno dedicando molto più tempo del solito a supportare i loro figli nello studio. Nonostante questi sforzi, però, la scuola, di fronte all’emergenza, si è scoperta non attrezzata per la didattica a distanza. Ne è convinto il 61% dei presidi.

Per tutti è stata un’occasione di vero apprendimento e riflessione profonda sul futuro della scuola. Il 96% dei presidi crede che l’utilizzo generalizzato della didattica a distanza abbia permesso alle scuole e ai docenti di apprendere cose utili per il futuro dell’insegnamento. L’84% dei dirigenti ritiene che probabilmente in futuro si ricorrerà più spesso alla didattica a distanza integrata con le attività in aula. Ma l’aspetto critico più evidente è che volontà e impegno personale non bastano per assicurare l’inclusione nei processi educativi di tutti gli studenti. Solo l’11% dei dirigenti dichiara che, a fine aprile, tutti gli studenti erano coinvolti nelle attività di didattica a distanza. Nel 40% delle scuole la dispersione è superiore al 5% della popolazione studentesca, con maggiori criticità nelle scuole del Mezzogiorno (in questo caso per il 23% dei dirigenti gli studenti non coinvolti sono più del 10%).

L’82% dei dirigenti segnala che le differenze in termini di dotazioni tecnologiche, connettività e familiarità d’uso, sia tra i docenti che tra gli studenti, sono un ostacolo al pieno funzionamento della didattica a distanza. Per il 75% la Dad ha ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti in base alla disponibilità di strumenti informatici e alle competenze tecnologiche dei familiari. Il 53% dei dirigenti ritiene che non si riesce a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Fondamentale, soprattutto per i bambini della scuola primaria, il supporto dei genitori per il collegamento online e per lo studio. Il 91% dei dirigenti delle scuole del primo ciclo sottolinea che gli alunni della scuola primaria possono essere seguiti dai loro docenti, con attività didattiche a distanza, solo se c’è il supporto attivo dei loro familiari.

Soltanto l’1% delle scuole non ha avuto la necessità di fornire attrezzature hardware per permettere la realizzazione della Dad, mentre il 5% ha adattato la propria offerta didattica utilizzando modalità di comunicazioni personalizzate sulla base delle disponibilità tecnologiche individuali. L’84% ha distribuito device agli studenti. A fine aprile il 7% delle scuole non era ancora riuscito a dotare gli studenti bisognosi di attrezzature adeguate.

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Il Gruppo ViviRoma fondato da Massimo Marino nel 1988, nasce come giornale murale per ampliarsi nel tempo in un magazine, TV e WEB.

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