“Al di là del filo”

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TEATROVID-19 il teatro ai tempi del Corona (verso la fine delle restrizioni)

Teatro La Sorgente

Attori:
Antonio Stregapede, Veruska Gianni, Loredana Lombardi, Rossella Dianetti, Roberta Settele, Daniele D’amato, Cristian D’amato, Sofia D’Amato, Emma Scumaci, Erika Nina Spano, Nicole Giustini, Rebecca Fortunati, Lucrezia Di Meo, Elisa Romani, Tiziano Monti, Matteo Chiapperino, Luca Zuchi

assistente di scena: Orietta Mastrocesare
tecnici audio e luci: Antonio Zaccaria Jacopo De Rosa
scenografie: Antonio Cassano costumista: Anna Maria Bucci
regia: Antonio Stregapede

Riporto direttamente il testo inviatomi da Antonio Stregapede:

“Questo lavoro è un sogno in un cassetto che Antonio Stregapede, Veruska Gianni e Loredana Lombardi aprono in pieno lockdown. Si inizia col cercare nelle memorie storiche dei sopravvissuti ai campi di sterminio. Man mano che i personaggi si concretizzano, è facile riconoscerli nei ragazzi che oggi li portano in scena. Ragazzi che da anni calcano il palco grazie al Laboratorio Teatrale della Parrocchia “Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo“ al Quarticciolo. L’argomento è di difficile approccio, ma i ragazzi si impegnano: vogliono conoscere, andare oltre il copione. È la prima che si misurano con un dramma, un dramma “vero“. Le scene, i costumi, le musiche, tutto concorre a realizzare una rappresentazione che prima dell’apertura del sipario emoziona tutti gli attori, adulti e ragazzi, come mai prima. All’inizio una sola luce, quella che non dobbiamo mai spegnere per non dimenticare”.

Intanto ringrazio Antonio Stregapede per quello che non è solo uno spettacolo teatrale, bensì una vera e propria esperienza emotiva.
Un tuffo nella storia della Shoah, ma anche un tuffo in un quartiere problematico.
Qui l’attività teatrale in qualche maniera salva i ragazzi togliendoli dalla strada e impegnandoli in una preziosa esperienza formativa.
Non basterebbero fiumi di parole per descrivere le sensazioni non solo ricevute dallo spettacolo, ma anche del vissuto raccontato da madri, padri, nonni che spalleggiavano i loro ragazzi in scena e commentavano i vari passaggi nelle scene…
Una vera e propria esperienza di gruppo. Anche se sul palco era rappresentato il male, era palpabile la forza dell’amore che questo spettacolo sprigionava. Sopra e sotto il palco un’unica energia per un forte senso di aggregazione.

Il sipario si apre appena per dare spazio, di volta in volta, ad una persona che, di spalle, racconta la sua storia del viaggio infernale fino all’arrivo nel campo di concentramento. I cinque personaggi dei monologhi che troviamo nello spettacolo sono: Sami Modiano una delle sorelle Bucci, Liliana Segre in fine Edith Bruck e Marisa Errico Catone.

Non mostra il viso perché, seppure sia un personaggio realmente esistito, rappresenta al contempo tutte le vittime dei lager. Intanto sulle tende del sipario vengono proiettate le suggestive e dolorose immagini che tutti ben conosciamo sulla deportazione, che aumentano il pathos e l’emozione.
Poi all’improvviso, alle nostre spalle arrivano tutti questi ragazzini del corso di recitazione, accompagnati dai latrati dei cani e spinti da una fraulein in divisa è Irma Grese, la bestia di BelSen (Veruska Gianni)…
Impauriti e separati dai genitori, prendono posto sul palco che ospita una scenografia incredibilmente realistica: l’interno di una delle baracche di Auschwitz e lateralmente un recinto elettrificato.
I ragazzi vengono costretti a spogliarsi per indossare i loro “pigiami a righe”, mentre vengono accolti da alcune ebree adulte che, dal colore delle divise più consumato, si capisce essere ospiti già da tempo del campo. Incontriamo un ufficiale tedesco che gestisce il lager Reimer (il comandante del lager Rudolf Hoss?) e poi il famoso Mengele, l’ “angelo della morte”, il famoso “dottore” che faceva gli esperimenti di genetica, interpretato proprio da Antonio.

I costumi, seppur di scena, sono davvero realistici, tutti prodotti da una bravissima sarta del quartiere, che con la sua meticolosità ci proietta efficacemente nel 1944. L’accuratezza delle feldgrau, le divise tedesche con tanto di croce pour le meritè attaccate al collo sono corredate anche dei cappelli, che spesso sono trascurati nel teatro, lasciano spiazzati!
I personaggi, peraltro esistiti e che all’inizio hanno parlato di schiena, li ritroviamo bambini. Proiettati indietro nel tempo in questa rappresentazione, dove con molto tatto raccontano i loro drammi e le loro paure quotidiane; tra loro anche chi non è più tornato.
Facendo l’ eco al film “Il bambino con il pigiama a righe”, si affacciano anche due bambini all’esterno del reticolato: sono i figli del comandante, che fanno amicizia con i bambini prigionieri.
Di tanto in tanto, con un bel gioco di luci, sulla parte superiore della scena appaiono i nostri ufficiali che organizzano quella che sarà la “soluzione finale” prima dell’arrivo, ormai imminente, dell’Armata Rossa.
Il gioco di luci è molto suggestivo, i personaggi che rimangono nell’ombra si “congelano” come statue, mentre intanto sono accompagnati dalle musiche di Ennio Morricone e dalle colonne sonore di “La vita è bella” e di “Schindler’s List”…

Che altro dire se non emozionante?

Ma non è finita qui, perché un’altra dose di forti emozioni è arrivata con i commenti dal palco e dalla sala alla fine dello spettacolo.
Una mamma, in particolare, che aveva la figlia impegnata nello spettacolo, ci ha raccontato che questi bambini durante la pandemia, tra mille difficoltà con la D.A.D., hanno cercato di portare avanti questo progetto. Alcuni avrebbero voluto mollare perché gli mancava il contatto con gli altri e… “l’odore del teatro”… È proprio vero, anche un semplice odore può risvegliare desideri, ricordi, nostalgia…
Un altro aneddoto: una bambina sulla scena (Sofia D’Amato), viene portata via dalla bestia di Belsen e, mentre è dietro le quinte, si capisce dai latrati dei cani che viene sbranata. Lei è la figlia dell’attore che interpreta l’ufficiale tedesco (Daniele), che fuori scena commosso piangeva solo al pensiero di un destino così crudele…
Anche la mamma vicino a me mi ha confidato che sia lei che il marito fanno fatica a vedere la figlia con quella divisa a righe, pensando a quello che sarebbe potuto succedere se avessero vissuto davvero quella terribile storia.
Hanno assistito a tutti e tre i giorni di replica e… pianto per l’emozione ogni volta…

Questi ragazzi si sono impegnati nell’ imparare a memoria, nel recitare per essere credibili, ma soprattutto hanno studiato ed approfondito questa pagina scura della nostra storia. Forse attraverso questa esperienza hanno maturato che, pure tra le difficoltà quotidiane, hanno sicuramente più chance dei personaggi che hanno interpretato…
Il teatro era pieno di parenti e di persone del Quarticciolo. Famiglie che hanno trovato in questo teatro una sorta di isola di salvezza per i loro ragazzi, che impegnati in un’attività costruttiva e associativa, non rischiano di perdersi nella difficile realtà del quartiere.

Antonio, ma anche i suoi collaboratori della “Compagnia teatrale La sorgente”, che sono elencati all’inizio dell’articolo, non sono molto distanti dalla mentalità del parroco della parrocchia; anche loro sono dei “salvatori” che si impegnano a offrire un’alternativa ai ragazzi. Sono come dei genitori adottivi per questi bambini e ragazzi, che alla fine dello spettacolo, dopo due anni di prove, vedono finire questa esperienza e sentendosi “orfani” scoppiano in lacrime…
Ma sono sicuro che Antonio e tutti i suoi collaboratori troveranno altre idee per impegnarli in un’altra avventura!
Tra commenti, saluti, battute e pianti a fine spettacolo, ho fatto davvero fatica a non mischiare le mie di lacrime con le loro…

Caro Antonio stasera non ho visto solo un ottimo spettacolo e una stupenda regia, bensì la realizzazione di un sogno, di tanti sogni tutti insieme. Ho visto una realtà diversa, forse poco conosciuta e che andrebbe divulgata, raccontata, qualcosa di bello, qualcosa di speciale. Ho visto una famiglia di circa duecento persone. Tutte unite per uno scopo, tutti piccoli e grandi tasselli, ma tutti essenziali e tutti egualmente importanti per raggiungere un unico ed eccezionale fine comune.

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