Festival dei Nuovi Tragici

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (il teatro alla riscossa)

Siamo pronti per l’ultima serata di questo festival al teatro Marconi.

Anche stasera cinque tragici soggetti si avvicenderanno sul palco per raccontare le loro storie. Storie partorite dal nostro infaticabile Pietro De Silva per i suoi “figliocci” d’arte.

Ovviamente la serata parte come le precedenti, dunque non voglio dilungarmi; farò semplicemente un breve accenno. Chi volesse saperne di più, può spulciare il precedente articolo.

Presentazione della serata con Pietro De Silva nei panni del fratello Peppino, bonghista; ingresso del presentatore Bruno Maccallini che ripropone la gag del cast disperso tra le paludi pontine e conseguente “selezione” casuale, tra il pubblico, per formare un cast improvvisato…

In realtà, come nelle altre sere, saliranno sul palco quattro brave artiste.

Una è Greta Polinori, la vocalist, con la sua incredibile voce e presenza scenica. Personalmente la vedrei bene in un gruppo soul/blues/rock, grazie alla sua estensione vocale e alla sua versatilità, ma soprattutto al suo carisma da frontman rock navigato.

Insieme a lei, tre deliziose e affiatate fanciulle che mettono in pratica la loro formazione e lo studio nell’ambito della danza. Propongono un balletto semplice, ma allegro e spumeggiante, che mi ha riportato alla mente quelle movenze e quei passi di cui i video clip di musica dance (in onda svariati lustri addietro) sull’emittente Video Music erano pieni. Dunque un salto indietro nel tempo, a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta.

Loro sono Cristina Tassone, Alessia Ferrero e Carolina Vecchia, che in questo stacchetto danzano sulle note del classico “Think”, quello della famosa pellicola “The Blues Brothers” per intenderci, cantata dalla già citata Greta.

Comincia ora ad affacciarsi il primo dei pazzoidi…

A metà strada tra Troisi e Siani, ecco arrivare il primo tragico di questa stasera. Marco Landola è un povero disgraziato che si impegna con tutte le sue forze, ma vanamente, nella speranza di riuscire ad emergere nel mondo dello spettacolo e divenire famoso. Come doppiatore, ahimè, riesce però solo a farsi dare piccoli ed insignificanti ruoli. Si prodiga così a “doppiare” singolari soggetti come cani e topi…

Marco, con la sua gestualità ed espressività, riesce a trasmettere bene l’ambiguità del suo ruolo, tra il promettente ed entusiasta artista in cerca di ascesa e il tenero fallito.

Il secondo personaggio è un mistico buddista romanaccio, a tratti verdoniano; un simpatico sornione, tontolone e trasognato in cerca di una dubbia spiritualità. Suo malgrado, il suo ascetismo ingenuo è inquinato da sostanze illecite e sordide amicizie fraudolente. In cerca della sua realizzazione spirituale, si imbatte continuamente in esperienze malcerte, che di spirituale hanno ben poco. Leonardo Zarra è divertentissimo nella sua flemmatica tragicità da sempliciotto tenerone.

Con una vocina flebile arriva adesso sul palco un’ insolita signorina, l’unica rappresentante del gentil sesso della serata: Marta Filippi. Ancora commossa per la dipartita del fratello, il suo lutto è aggravato dal “rapimento” della salma, che viene usata per profumare gli ambienti (!?), visto che il suo corpo emana un intenso e gradevole profumo… La poverina riuscirà a rimpossessarsi del corpo che poi seppellirà, mettendolo al sicuro nel suo giardino, e questo darà vita ad altre peripezie assai divertenti.

Ma non è finita! La nostra pazzoide, come se non bastasse, sente delle voci, con cui peraltro parla e, ciliegina sulla torta, è posseduta dalla Callas…

Caro Pietro De Silva, ma come ti vengono in mente queste esilaranti idee?

Marta ha un’ impostazione molto teatrale che usa sapientemente, inscenando la confusione mentale e l’ agitazione del suo personaggio, che rende spassoso con la sua forza recitativa e l’interpretazione. Marta termina il numero con lo spirito della Callas che prende il sopravvento su di lei e la costringe ed eseguire una parte cantata… Brava, divertente, istrionica, infarcisce la sua performance con una recitazione volutamente altalenante ed esplosiva, fatta di un susseguirsi di picchi che la caratterizzano e ne svelano la preparazione artistica.

Stacchetto musicale con Pietro ai bonghi e Greta alla voce accompagnata dalle coreografie del corpo di ballo. Purtroppo il classico “Long train running” non spicca come dovrebbe, ma Greta, dosando la voce, fa del suo meglio per adattarsi ad una base confusa e mal equalizzata.

Visto il successo di ieri, replica stasera il nostro “improbabile” ballerino, ma sicuramente riuscitissimo comico. Parliamo di Giovanni Marra, che conferma la sua bravura.

nuovi tragiciRivedere un numero non è a mio avviso tedioso, anzi, si ha l’opportunità di cogliere quelle sfumature che al primo impatto si perdono nei pochi minuti a disposizione dell’artista sul palco. Giovanni è spigliato, frizzante, energico, coinvolgente ed espressivo, un ciclone che sbatacchia il pubblico con la sua verve. Come un ladro ruba meritatamente la scena e fa incetta di applausi e risate. Ho avuto l’impressione che con il rodaggio nella serata di ieri, Giovanni, più sicuro, esprimesse al massimo le sue potenzialità prorompenti, dimostrandosi padrone della scena. L’ho visto passare alla fine dello spettacolo e, salutandolo, ho avuto la sensazione di incontrare un mite Clark Kent che avesse dismesso i panni di Superman. Un’ altra persona.

L’ultimo folle di stasera è Luca Attadia, uno spiritato calabrese patito e maniaco dei viaggi, che sono al contempo la sua condanna, visto che nelle sue esperienze di turista sfigato gli succede di tutto. Le esilaranti e assurde avventure che ci racconta sfruttando un dialetto calabrese assai divertente, lo vedono alle prese con insetti voraci, tour operator truffaldini, mercenari, perduto continuamente in disavventure assurde. Chiude con il divertentissimo racconto del suo viaggio a basso costo, organizzato per raggiungere la Madonna di Pompei…siamo in lacrime. Artista molto apprezzato dal pubblico.

Nel finale il classico “Long train running” viene riproposto a causa del problema tecnico di cui ho parlato prima. Greta, succube della circostanza sfortunata, finalmente trova una base musicale ben calibrata e si può così sbizzarrire. Prendendosi la rivalsa, vuole riscattarsi dal colpo di sfortuna, enfatizza quindi la sua performance portando la sua voce all’estremo, mentre si dimena sul palco come una rockstar. Il corpo di ballo coglie l’occasione e si scatena con lei per un finale con i fuochi d’artificio.

Finisce così il festival dei Nuovi Tragici. Aspettiamo e speriamo che a settembre, come annunciato, ci sia un’edizione supplementare, altrimenti l’appuntamento è al prossimo anno.

In bocca al lupo, ragazzi!

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