“Il cappello di carta”

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Teatro Sette
Di Gianni Clementi
Regia Michele La Ginestra

Con
Sergio Zecca (il nonno, Sor Carlo), Francesca Baragli (la mamma, Camilla), Alessio Chiodini (il figlio, Candido), Michele Enrico Montesano ( il fidanzato, Remo), Ilaria Nestivito (la figlia, Bianca), Mariateresa Pascale (la zia, Anna), Tiko Rossi Vairo (il papà, Leone).

La storia è ambientata a Roma nel luglio del 1943 nella casa di un’umile famiglia operaia, ricostruita attentamente da una scenografia efficace. Insieme ai bei costumi, gli attori con i loro atteggiamenti, il modo di interloquire e confrontarsi reciprocamente ci proiettano realisticamente in questo spaccato temporale.

Inevitabile l’accostamento con “Alcazar”, anch’esso scritto da Clementi, riproposto poche settimane fa con successo e di cui ritroviamo gran parte del cast. Già calati nel contesto storico, gli attori entrano subito nella parte.

A differenza di quel capolavoro, però, “Il Cappello di carta” non incendia, sembra mancare di un vero e proprio crescendo, quello che ci si aspetterebbe, e non ci stupisce con un finale forte. Anche se c’è un’evoluzione della storia, dei componenti familiari e delle vicende, manca di quella marcia in più che gli altri testi di Clementi hanno. Nonostante tutto, rimane una proposta gradevole, ironica e toccante.

La storia si sviluppa in tre diverse fasi temporali scorporate tra loro, di cui però non si notano i diversi passaggi temporali se non dopo un po’, quando dal susseguirsi delle vicende si capisce che c’è stato un cambiamento. Si tratta di due piccole sorprese, due chicche che non rivelerò.

Lo spettacolo è in grado di restituirci quel sapore e quell’atmosfera tipica del periodo bellico. Anzi questo piccolo neo della scrittura finisce per esaltare i personaggi. Buona parte del merito va sicuramente alla regia di Michele La Ginestra, ma soprattutto ad un cast mirabile che ha saputo esprimersi al meglio, trasformandosi impeccabilmente nei personaggi tipici della Roma degli anni Quaranta.

La punta di diamante dello spettacolo è a mio avviso proprio questo fantastico cast, che riesce a valorizzare ogni singolo personaggio della storia donandogli la giusta energia è facendo emergere le eccentricità e le particolarità.

Non sembra di essere a teatro, ma proprio in quella casa, tornati indietro nel tempo e testimoni di quelle vicende così realistiche e genuine, mentre si viene accompagnati da quei brani musicali tanto in voga in quegli anni.

Tra i protagonisti c’è Leone un manovale un po’ sciatto e trasandato, stanco perché su di lui pesa tutta la numerosa famiglia. Tiko interpreta quest’uomo sottolineando quanto sia gravosa la sua situazione con una postura affardellata e con i suoi comportamenti.

Lui è un muratore (il titolo “Il cappello di carta” fa riferimento al copricapo fatto con giornali vecchi che i muratori indossavano per non sporcarsi), che oltre a portare avanti il suo duro lavoro, ha a che fare ogni giorno con le beghe familiari ed in special modo con l’anziano padre Carlo, un nonno autoritario ma svampito.

Sergio si inserisce nella storia con tutta la sua verve e grande personalità, trasformando questo nonno in un vero e proprio personaggio portante che si esprime a suon di battute tipiche della spontaneità popolare dell’epoca.

Poi c’è la moglie di Leone, Camilla, ormai esausta non solo di sopportare il vecchio e la sorella, ma soprattutto il peso della condizione domestica con tutte le privazioni della guerra. Francesca è meravigliosamente invecchiata e non grazie a cosmetici o trucchi, bensì alla sua grande espressività e alle doti recitative. Si presenta stanca, provata, ma anche in grado di lanciare divertenti e pungenti sferzate velenose.

cappello di cartaTroviamo poi sua sorella Anna, una vedova che cerca di risistemarsi sentimentalmente, ma che sfortunatamente sembra avere il destino contro. Mariateresa, neanche a dirlo, esprime tutta la difficoltà e la profonda delusione del suo personaggio con estrema delicatezza e grande rispetto verso questa donna vessata dal destino e dalla sorella. Fa trasparire la sua profonda dolcezza e la malinconica speranza verso il futuro.

C’è poi il figlio Candido, che non vuole saperne di seguire le orme del padre in cantiere. Un magnifico Alessio che gioca con la sua simpatia e la sua esuberanza. Piacevole e sprintoso, veste i panni di un giovane scalpitante in cerca di riscatto.

Assolutamente deliziosa la sorella Bianca, una splendida e sempre dolcissima Ilaria, che sembra uscita con il suo candore e la sua leggiadria da una favola. È innamorata di Remo, un simpatico scapestrato amico del fratello. Ilaria trasuda sempre un’ estrema dolcezza e profondità d’animo che infonde nei suoi personaggi. Anche quando sono tragici, riesce a donargli sempre un retrogusto piacevole e una spiccata forza d’animo.

Michele, l’amato di Bianca, entra in punta dei piedi in questa famiglia e così in scena, per poi integrarsi felicemente nel movimentato quadretto familiare, dando fondo a tutta la sua esuberanza e personalità semplice ma schietta.

La commedia ci propone tutte quelle tipiche dinamiche familiari con i drammi e i momenti più leggeri e spensierati, e si muove tra sogni infranti e piccoli litigi, coloriti da brillanti e genuine battute molto schiette e dal forte sapore romano.

Il testo coinvolge emotivamente la famiglia nel bombardamento di San Lorenzo, sottolineando tutti i problemi inerenti al conflitto che graveranno su questa famiglia, come il sovraffollamento della casa, la difficoltà di reperire i beni di prima necessità, il mercato nero, la fame, i piccoli furti subiti, l’ombra incombente della presenza tedesca, il continuo rombo degli aerei e le sirene che ne avvertono arrivo, il deflagrare lontano ma inquietante delle bombe… tutto presentato attraverso una chiave realistica, ironica e profondamente toccante.

Mai si perdono di vista il dramma personale e quella spontaneità, generosità e umanità che caratterizzano i romani, che rispondono sempre col loro buon umore, nonostante tutto, alle asperità della vita.

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