“Il solito ignoto”

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (finalmente senza mascherine, ma i contagi aumentano…)

Teatro Anfitrione
di e con Pietro Romano, Serena D’Ercole, Marta Forcellati e Gianfranco Teodoro.

Due anni fa, quando vidi questo spettacolo, sapevo di assistere alla prima di una lunga serie di date, ma a causa del coronavirus e delle contromisure che furono adottate per contrastare la pandemia, quella prima fu anche l’ultima.
Nonostante tutto il cast dell’epoca (oggi è rimasto solo Pietro) ne fosse a conoscenza, e nonostante un pubblico ridotto per timore dei contagi (era previsto un sold out), gli attori portarono avanti egregiamente, dignitosamente e coraggiosamente il loro spettacolo con grande professionalità, senza battere ciglio. Ricordo ancora quell’atmosfera insolita ma bella ed intensa, dal retrogusto amaro, che aleggiava nel teatro.

Oggi, a distanza di due anni, eccoci qui, sempre al Teatro Anfitrione, dove Pietro è di casa. Con un cast completamente rinnovato, Pietro torna all’arrembaggio della platea con la stessa carica di sempre e la simpatia che lo contraddistingue, sia sul palco che di persona, come nelle numerose pubblicità che lo scelgono per il suo approccio simpatico, naturale, vero e schietto che evidentemente piace alla gente.

“Il solito ignoto” altri non è che Gigi (Pietro Romano), improbabile ladro, che si trova coinvolto nel tentativo di svaligiare un appartamento, ma rimane invischiato nelle vicende di una singolare e divertentissima coppia e della governante.
Lei è Carla (Serena D’Ercole), altezzosa e assai ricca; lui è Carlo (Gianfranco Teodoro), buffissimo e piuttosto rotondetto come la moglie (peraltro questa è unica cosa che hanno in comune, visti i loro caratteri opposti). Lui è mezzo cecato, rimbambito e piuttosto smemorato. Si esprime con delle movenze e una vocetta divertentissime, succube della moglie che gli rinfaccia i suoi continui fallimenti in campo lavorativo e coniugale.
Un attore che è ottima spalla ed al contempo protagonista; ironico simpatico, con un carisma tutto suo molto ben sviluppato, incarna una macchietta più che riuscita con gli occhialini che gli scivolano fino alla punta del naso, i capelli da pazzo e le movenze impacciate. Ricorda uno di quei personaggi delle commedie all’italiana con protagonisti Lino Banfi, Mario Carotenuto e… Edwige Fenech.

Lei incarna la moglie stressata ed insoddisfatta, ma al contempo rimane una burbera assai divertente, che diviene disponibile ed affabile quando scambia un ladro per un amico del marito e se ne invaghisce, mentre lo smemorato coniuge crede davvero di riconoscere in lui un amico di vecchia data.
Gag è dialoghi dal gusto retrò (non a caso nella commedia riescono le lire), la storia è ambientata negli anni ‘80 e rispolvera le battute tipiche di quegli anni.
Pietro Romano lo riconoscerete se verrete a vederlo; ultimamente è molto presente sul piccolo schermo in svariate pubblicità ben riuscite, ha un’ innegabile somiglianza con Benigni che traspare anche nella sua espressività e nelle movenze, anche se lui esprime una sua personalità originale a cui aggiunge la verve tutta trasteverina. Sembra uscito da un film di Thomas Milian, tant’è che la sua voce mi ricorda quella di Toni Ucci (l’amico ladro dell’ispettore Giraldi che morirà in uno dei suoi film) con un’ infarinata di Paolo Panelli, Enrico Montesano e di tanto in tanto anche un pizzico di Paolo Stoppa e Lando Fiorini (non mancano richiami a Bombolo, Totò e Jerry Lewis). Lui è una fonte che rigurgita un’infinita e verace romanità, quella schietta, autentica, mai triviale e sempre divertente. Un grande interprete che eredita lo scettro della comicità dei grandi attori romani ormai scomparsi; uno dei pochi, se non l’unico, che può ancora riuscire a proporre questa maniera di far ridere così legata agli anni ’70 ed ’80 senza risultare stucchevole o datato. Con la sua energia ci fa ridere tanto, anche quando infila nelle gag battute vecchissime, rinfrescandole e colorandole con nuove tonalità. Una fortuna avere un comico come lui, in grado di riportarci indietro nel tempo e farci rivivere in maniera così genuina questo modo di ridere.

Carlo e Carla non sono proprio una coppia che fa scintille. Carla ha i suoi “pruriti” risvegliati dal “fascino” di Gigi, che riuscirà a far credere ad entrambi di essere l’amante di lei (pagato subdolamente da Carlo per non dover assolvere ai sui doveri coniugali). Intanto Gigi, all’insaputa di Carla, organizza per il marito dei randez vous amorosi segreti quanto improbabili con Edwige Fenech, di cui è ossessionato (chi ha visto i film della Fenech può capire…).
In realtà gli incontri al buio che entrambi hanno, Carla con Gigi e Carlo con Edwige, sono un inganno… Ma bisogna vedere la commedia per sapere cosa accade.
Strepitosi!

Serena approccia al suo personaggio con un modo di parlare tutto suo attingendo, per colorarlo, ad una serie di particolarità in cui vedo Bice Valori, Marisa Laurito, Annabella Schiavone, Marina Confalone… È un personaggio borghese e apparentemente raffinato che, nonostante si esprima in uno strano modo, usa vocaboli forbiti che cozzano con il lessico piuttosto elementare di Gigi, creando fraintendimenti tra i due e suscitando inevitabilmente ilarità nel pubblico.

Romano, da vero artista della vecchia scuola e radicato conservatore di una comicità storica, basa la sua performance su un’efficace improvvisazione che mette in atto più volte nella serata a causa di piccoli imprevisti sfruttati egregiamente; queste occasioni impreviste gli permettono di condire ancora di più uno spettacolo già di per sé completo e riuscito.

Quello che sembra il personaggio meno sfruttato e più anonimo è la deliziosa governante russa Galina, interpretata da Marta. Ma questa è una scelta della sceneggiatura per prepararci ad un colpo di scena finale che ribalta l’essenza di questa figura, facendone sotto certi aspetti addirittura la chiave per una simpatica e toccante morale nell’epilogo della storia.
Galina, gettando la maschera, si svela in tutta la sua bellezza e presenza scenica, ci regala la sua simpatia e soprattutto la bravura tutta concentrata negli ultimi minuti e, a mio avviso, grazie alla sceneggiatura azzeccata, restituisce al suo personaggio il giusto peso, conquistando il palco e facendosi spazio letteralmente a spallate. Con poche mirate battute, infatti, recupera tutto il tempo in cui è stata relegata a fugaci ed anonime apparizioni, svelandosi in un finale inaspettato che non rivelerò.

Romano canterà nel finale una canzone in romanesco, con reminiscenze “sorciniane”, scritta da Loredana Corrado su musica di Simone Zucca, concludendo le abbondanti due ore di spettacolo.
Un bel cast per una commedia dal gusto antico ma profonda e divertente, che riporta in auge una comicità ormai sopita, orientata a solleticare le corde di un pubblico over cinquanta o giù di lì, ma adatta comunque e sicuramente ad ogni fascia di età.

Tra gli spettatoti c’erano volti noti tra cui Amedeo D’Amico e Alessandro Partexano, con i quali mi sono intrattenuto a parlare amabilmente. Alessandro mi ha raccontato delle sue esperienze artistiche. Ormai da quarant’anni a Roma, ha lavorato con grandissimi artisti. Con molta gentilezza ha voluto condividere con me i suoi ricordi di incontri, esperienze ed aneddoti personali e di artisti del calibro di Manfredi, Montesano, Proietti ed altri ancora, con i quali ha avuto la fortuna di lavorare, crescere e formarsi. Oggi conosciamo bene la bravura di questo veterano dello spettacolo, così come quella di Amedeo.
Beh, una serata meglio di questa non poteva capitarmi!

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