“Io Libero”

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Piazza dell’Immacolata San Lorenzo
Scritto da Veronica Liberale
Con Veronica Liberale, Francesca Pausilli, Andrea Venditti e Mauro Mandolini

Costumi “Sorrisi d’autore”
Luci e fonica Denis Persichini
Foto di scena Elena Tomei
Regia Fabrizio Catarci

In occasione dell’ottantesimo anniversario del bombardamento di San Lorenzo, Veronica propone in prima nazionale lo spettacolo “Io Libero”, che ha scritto e diretto. Non è la prima volta che propone uno spettacolo qui a San Lorenzo, in occasione di questo triste anniversario. “Io Libero” segue il successo di “Pane, latte e lacrime” (stupenda commedia presentata in due differenti versioni, entrambe validissime), che narra la storia di un gruppo di sanlorenzini nei giorni che precedono il tragico e fatale 19 luglio del 1943. È stato rappresentato con successo per tre anni di seguito in piazza dell’Immacolata.

Stavolta sarà di scena la figura di Padre Libero Raganella, un sacerdote che ha incarnato lo spirito di accoglienza, di inclusione e di lotta per la libertà, valori che hanno sempre caratterizzato il quartiere.

io liberoUn gigante buono, all’apparenza burbero, forse troppo schietto e diretto, dunque un prete scomodo, che però ha sempre messo l’amore per la gente e la salvezza del prossimo al di sopra di qualsiasi altro interesse, salvando vite e dando accoglienza a chi ne aveva bisogno, sia durante la Seconda Guerra Mondiale che dopo. Senza discriminare nessuno per il credo politico, la provenienza e la fede, ha sempre attuato appieno il messaggio della carità cristiana.

La vicenda raccontata prende spunto da un episodio accaduto nel 1957 durante l’agitazione degli abitanti del quartiere contro il provvedimento della diocesi di allontanare Padre Libero dalla parrocchia dell’Immacolata e trasferirlo in un’altra zona calda di Roma. La sollevazione diventa un pretesto per rivivere la vita di quest’uomo attraverso i giorni terribili della guerra e soprattutto del bombardamento di San Lorenzo quando Padre Libero, come altri, scavava tra le macerie in cerca delle vittime o dei sopravvissuti, impegnandosi poi nel trovare degli alloggi per chi non aveva più un tetto. Nascose ebrei, dissidenti politici, soldati alleati e in seguito anche fascisti, perché sentiva il dovere cristiano di salvare vite umane a prescindere dalle loro scelte ed idee.

Nonostante la rivolta cittadina, il trasferimento del sacerdote avverrà e San Lorenzo perderà una figura importante e centrale, che lascerà in ognuno degli abitanti il segno della sua opera. Attraverserà per l’ultima volta quelle strade dove è cresciuto come uomo e come sacerdote, tra l’amore e il dispiacere degli abitanti del quartiere.

Padre Libero è destinato però a tornare e rimanere per altri venti anni a San Lorenzo, dal 1970 al 1990. Continuerà la sua opera di impegno sociale e sarà ancora un punto di riferimento per le persone di San Lorenzo.

“Io Libero” vuole essere non solo un omaggio alla vita di Padre Libero Raganella, ma anche un modo per sensibilizzare le nuove generazioni sul tema della memoria storica, dell’ importanza della partecipazione alla vita pubblica e della solidarietà. Non a caso questo aspetto verrà ribadito prima e dopo lo spettacolo. Saranno anche presenti alcuni giovani del quartiere che hanno fondato un associazione con cui si adoperano quotidianamente come volontari sul territorio.

Dopo un’introduzione storica su Padre Libero Raganella da parte di Rolando Galluzzo, fondatore del giornale del quartiere “Zì Lorenzo”; Livia Piccioni, docente di storia contemporanea a La Sapienza, che ha pubblicato i diari di Padre Libero con cui ha collaborato per più di due anni; e Piero Dominici, docente di sociologia all’università di Perugia, comincia lo spettacolo.

Il bombardamento di San Lorenzo è già avvenuto, ancora si raccolgono macerie e corpi; mentre padre Libero (Mauro Mandolini) discorre con la sua perpetua Clotilde (Francesca Pausilli), si viene a sapere che Mussolini è stato arrestato. La sceneggiatura inserisce nella storia tutti quegli eventi importanti che hanno segnato questo periodo storico e che si accavallano, influendo inevitabilmente sulla vita del quartiere.

Libero si incontra poi con Sor Renato (Andrea Venditti), antifascista comunista, ateo ed anticlericale, personaggio ispirato ad un uomo del quartiere, qui soprannominato da Clotilde “Sgarbatezza” per i suoi modi particolarmente bruschi. I due uomini quando si confrontano, ricordando inevitabilmente gli scontri tra Don Camillo e Peppone.

Entra poi in scena Gianna (Veronica Liberale), che sembra volersi confessare, ma in realtà cerca aiuto dal saggio Libero. Il marito è fascista, uno dei figli si è schierato con la Resistenza e lei, preoccupata, cerca sostegno e un consiglio. Drammatico il momento in cui un altro bombardamento colpisce San Giovanni. Qui è dove abita la famiglia di Libero, che si precipita impaurito a cercare i suoi cari, trovandoli per fortuna salvi. Mauro in questa scena trasmette tutta la tensione e il terrore del chierico, lasciandoci col fiato sospeso.

Si scopre, in seguito, che Gianna e Renato sono fratelli in attrito tra loro per le diverse scelte politiche. Lui da sempre è comunista, mentre lei ha sposato un inveterato fascista. Intanto viene firmato l’armistizio dell’8 settembre, sentiremo la registrazione di Badoglio che dichiara l’impossibilità di continuare il conflitto. Questa è un’altra interessante scelta di Veronica e della regia: inserire, tra una scena e l’altra, delle registrazioni audio che danno spazio a delle testimonianze dirette sull’opera di padre Libero e arricchiscono la tessitura narrativa perché ci permettono, per voce di chi lo ha conosciuto, di approfondire la conoscenza di questa eccezionale figura e del suo operato.

Non può mancare una menzione all’attentato di via Rasella e alla conseguente rappresaglia delle Fosse Ardeatine, descritta con drammaticità da tutti e quattro gli attori.

Si giunge finalmente al giorno della Liberazione da parte degli americani e alla conseguente ed inevitabile caccia al fascista. Situazione che creerà un forte contrasto tra Libero e Renato, presentato in maniera molto realistica.

L’epilogo della storia, e dello spettacolo, è il trasferimento del parroco con la conseguente rivolta del quartiere. Situazione che mette in empasse il prelato, che davanti a questo fatto sembra crollare emotivamente.

Dopo tutte le difficoltà, i rischi e le paure, affrontate con impegno e fermezza, sembra che dover salutare il suo “gregge” sia la prova più dura che la vita gli ponga davanti. È forse qui che esce fuori la grandezza umana e la parte più delicata dell’uomo che si è sempre messo in secondo piano per risolvere situazioni difficilissime.

Adesso invece è lui in primo piano e la sua sensibilità e profonda emotività non reggono a questa prova, che lo mette a nudo con se stesso e le sue emozioni. Questo, a mio avviso, è uno dei passaggi fondamentali di questo spettacolo, così dopo il sacerdote possiamo conoscere anche l’uomo.

io liberoGli attori

Mauro è perfetto per questo ruolo: aspetto, fisicità, espressività, movenze. Attraverso un’ eccelsa recitazione, incarna questo parroco, facendolo rivivere sul palco e restituendolo con tutta la sua asprezza, spigolosità, schiettezza e velata simpatia romana, così come riportato dalle testimonianze.

Veronica, come sempre nelle sue corde, lascerà spazio con la sua sceneggiatura a tutti i personaggi attraverso dei brevi monologhi che ne sottolineino l’umanità e il carattere. Così Mauro avrà modo di fare il suo, in maniera molto confidenziale e profonda, in cui rivelerà il pensiero e la visione della vita vista dal prelato. Attore perfetto per questo ruolo che ben ha saputo interpretare, emozionando pubblico e sanlorenzini.

Francesca, neanche a dirlo, è sempre tenera, simpatica e dalla battuta pronta. Schietta e verace, incarna appieno l’anima sanlorenzina. Coinvolgente nel suo ruolo, propone un personaggio vivo realistico che va oltre la sua recitazione.

Lei si trasforma sempre nei personaggi che porta in scena, si fa fatica a capire dove comincia Francesca e dove finisce Clotilde. Toccante il suo monologo, in cui svela la sua sofferenza per la poliomelite che la rende claudicante svilendone la femminilità, e per l’amore perduto con un soldato inglese. Questo voluto “scivolone” emotivo e confidenziale ne svela le fragilità, non intaccando però la spigolosità e la tempra di ragazza dalle spalle larghe.

Francesca, dunque, dopo il toccante sfogo, recupera immediatamente la ruvidezza del personaggio. Brava, come sempre.

Andrea, diretto e rude, è la rappresentazione dell’uomo del popolo di sinistra da sempre, che con difficoltà ed in sordina si è sempre contrapposto al fascismo rischiando in prima persona.

Evidenzia quanto Renato trasudi rabbia, tensione e frustrazione per una vita sempre in pericolo a causa delle sue scelte politiche. Borioso, provocatorio, sprezzante, rivela però anche la sua profondità d’animo, quando con profonda sofferenza ci racconta, in un breve monologo, dell’amara esperienza con alcune vittime del bombardamento che vede morire davanti a sé.

Andrea riesce a sottolineare questa dicotomia del personaggio e ci fa apprezzare tutta l’umanità e la sensibilità che si nasconde dietro la corazza di uomo teso, coriaceo e determinato.

Veronica, invece, veste i panni di una donna del popolo che si ritrova, suo malgrado, tra l’incudine e il martello all’interno delle tensioni familiari. Evidenzia con molta attenzione e tatto il grande conflitto interno che vive e che la divide dal fratello comunista, il marito fascista e poi anche il figlio che si è ribellato alle idee del padre e si impegna nella Resistenza. Una donna che Veronica ci mostra forte, ma dalla quale lascia trasudare tutta la sua solitudine, l’incertezza, la paura e la stanchezza che vive.

Chiede aiuto al parroco perché capisce che le sue forze sono insufficienti, mostrandosi al contempo reticente, abituata com’è a sobbarcarsi da sempre tutti i problemi e a risolverli con le sue sole forze. Stavolta non ci riesce perché la cosa si rivela molto più grande di lei. Veronica ci regala questo personaggio in bilico e lo rappresenta egregiamente attraverso tutte le sue sfaccettature.

Come nelle sue corde, fa sempre quel piccolo passo indietro per far spiccare i personaggi e gli attori che ha scelto. Come sempre brava ed umile.

Lo spettacolo risulta toccante, attento e drammatico, ma non lesina momenti ironici che non stonano con la storia e, anzi, la rendono più realistica ed umana.

Le scene sono molto dinamiche e gli attori si avvicendano sul palco velocemente ed efficacemente senza che si creino vuoti o si perda la tensione che accompagna tutta la vicenda, grazie anche all’ attenta regia di Fabrizio Catarci, che ho visto molto attento e concentrato per tutto lo spettacolo dietro la sua consolle. Belli i costumi, ricercate e azzeccate le musiche, suggestive le luci.

Una bella storia che pochi conoscono e che grazie a Veronica prende vita attraverso un canale comunicativo alla portata di tutti: il teatro.

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