“La casa delle api”

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Cometa Off
Compagnia inControverso

Testo e regia di Sargis Galstyan
Con Marius Bizău, Mariné Galstyan, Manuèl Palumbo
Scenografie Sargis Galstyan,

Con l’amichevole partecipazione in video di Stefano Antonucci, Luca Basile, Giovanni Bonacci, Ermanno De Biagi, Lorenzo Girolami, Cristiano Leopardi, Enrica Pintore, Alessandro Sena, Francesco Sgrò, Giorgio Lupano

Disegno luci Gabriele Planamente,
Costumi Atelier Mirror
Foto Stefano Colarieti

“La Casa Delle Api” è un dramma che coinvolge Melisso De Sapio e Deborah Moncinelle. Melisso è ricoverato in un ospedale psichiatrico, dove più volte tenta il suicidio. È un linguista e la sua deformazione professionale lo predispone ad analizzare meticolosamente gli eventi della sua vita attraverso il significato di ogni parola.

Lo fa, forse, in modo troppo personale, esagerato e a paradossale per la sua condizione mentale chiaramente instabile. La sua è una continua, paranoica ricerca delle motivazioni di ogni singolo avvenimento. Ma è davvero un pazzo? O è un incompreso illuminato? Ascoltati i suoi profondi ragionamenti e la sua impeccabile dialettica, gli argomenti contorti e complicati ma arguti farebbero propendere per la seconda ipotesi. D’altronde, i pazzi sono spesso anche molto intelligenti…

La dottoressa Deborah Moncinelle è una persona profondamente razionale e professionale. Cerca di comprendere le problematiche dell’uomo e di definirle per aiutarlo facendogli accettare il suo stato.

Sembrerebbe affascinata dal suo paziente. In lei è ancora presente il trauma del suicidio del padre, e forse è per questo che si avvicina con estrema cura a lui e svilupperà un particolare ed interessante rapporto.

Sargis, nella sua sceneggiatura, ha creato delle situazioni che indurranno Deborah a riflettere sulla sua vita per poi potersi confrontare, attraverso una maturazione, con Melisso.

La storia viene “alleggerita” grazie ad un pizzico di ironia che viene però inghiottita, ogni volta, da questa pesante realtà. Complice una scenografia che ricrea una sorta di trappola o gabbia in cui è incatenato inconsciamente il genere umano, ma non Melisso, che invece ne è consapevole, seppur schiacciato da questa forza superiore e sfuggente che lo opprime.

Questa entità o figura appare di tanto in tanto celata dietro un costume nero ed una maschera che ne nasconde i connotati. Una figura misteriosa che rappresenta l’ignoto, l’inconscio, il destino; una divinità capricciosa, un demone… comunque una forza superiore, un osservatore che domina entrambi senza dargli una via di fuga.

Tira i loro fili come le Parche o le Moire della mitologia classica, apparendo quando meglio crede ed inserendosi tra i due senza che se ne accorgano. Melisso pare percepirla e tenta di contrastarla, ma debolmente. Forse ha bisogno di un aiuto, di comprendere ancora qualcosa che gli sfugge per affrontarla, e dinanzi all’impossibilità di superare questo limite, ritiene che il suicidio sia l’unica soluzione.

La sceneggiatura vuole portare lo spettatore a riflettere su molti temi che sono racchiusi, credo, in uno: l’esistenza. Esplosa in mille sfaccettature, questa incomprensione affligge l’uomo lasciandolo pieno di interrogativi ed insicurezze. Le risposte che accettiamo ai dilemmi dell’esistenza sono di convenienza, imposte da una società soverchiante, da un’ educazione opprimente, da un credo religioso annichilente. Sovrastrutture che impongono la loro visione a queste domande e che noi accettiamo passivamente e pigramente.

Lo spettacolo vuole rompere lo schema, portarci ad affrontare questo buio dell’anima affinché ognuno trovi la propria risposta abbandonando quella stereotipata. Una bella impresa, quella dell’ingegnoso Sargis, che vuole spingerci a confrontarci con noi stessi, scevri da imposizioni esterne.

casa delle apiSi “entra” non in teatro, ma direttamente in una particolare e suggestiva realtà scenografica che colpisce già al primo impatto. I protagonisti sono seduti su due sedie, come delle marionette sono legati a dei fili che si perdono nel buio verso l’alto, mossi da una forza sovrannaturale, un destino oscuro ed incerto.

Mariné ha uno sguardo vacuo, vuoto, perso in chissà quale pensiero; appare calma, direi rassegnata e triste. Lui è a tratti agitato, si guarda intorno muovendosi e studiando con curiosità ciò che c’è intorno; sembra insofferente, impaziente come un leone in gabbia. Poi si siede, come in attesa di qualcosa. Ha bisogno di capire prima di poter agire; un vulcano ribollente pronto ad esplodere.

Entrambi sembrano un monumento all’indifferenza, sono sottilmente provocatori, sembrano indicarci l’ inadeguatezza nei confronti del nostro stato di inconsapevolezza, un mite grido d’accusa, un rimprovero per il nostro torpore, per la nostra squallida accettazione.

Intorno a loro ci sono televisori non sintonizzati che non trasmettono nulla, solo righe. Un inquietante cappio pende dall’alto apparendo dal buio e si posiziona esattamente a metà strada tra i due, mentre delle camicie di forza sono sospese sui lati…

Il parallelismo con le api è presto svelato. I loro nomi, Deborah e Melisso, derivano da questo laborioso insetto, che abbiamo imparato ad apprezzare per il miele, in grado di sviluppare e vivere in una società in cui svolge un importante compito. Dunque i due sono predestinati: come le api, devono svolgere il compito che il destino ha designato, imbrigliati in una società che li coercizza. Come le api, sono costretti a svolgere un lavoro di cui beneficerà il loro padrone, il capo, il demiurgo, l’ apicoltore.

Mariné, nei panni della psichiatra, è fantastica quando in alcune scene si muove e si contorce come una marionetta senza volontà, posseduta dall’entità nera. Con il suo sguardo vuoto, il viso pallido e lucido, si dimena sconclusionatamente colpendo nell’intimo lo spettatore. Eccezionale, emozionante, spettacolare, così come la sua recitazione sempre attenta ai particolari che esaltano ogni stato emotivo.

Marius, il paziente, si libera immediatamente del fardello costituito da questi fili; lui è il pazzo, o forse quello sano. Attraverso la conoscenza acquisita, ha capito. Ora cerca di liberare la donna dagli stessi vincoli per donarle la sua stessa visione. Lei ha bisogno di sentirsi utile, cerca di salvare Melisso come per salvare il padre suicida. Lo spettacolo, verso l’epilogo, porterà a confrontarci anche sui sensi di colpa, la frustrazione e l’ impotenza.

I video in cui appaiono gli attori citati all’inizio, altro non sono che la rappresentazione becera di assurdi personaggi che popolano la nostra televisione che trasmette costantemente sciocchezze tese ad annichilire le menti e a soporizzarle. In questo spettacolo si riconosce, come al solito, l’impronta e la firma di Sargis sceneggiatore e persona dall’animo profondo. Marius e Mariné incollano alla poltrona lo spettatore; Manuél, molto efficace, veste i panni dell’ entità astratta ed inquietante. Che rappresenti la società, il demiurgo, la nostra limitata coscienza o altro? Questo sarà lo spettatore ad interpretarlo.

L’epilogo, che non svelerò, è molto interessante e metterà la psichiatra davanti a una scelta che potrebbe consentirle di pareggiare i conti con il passato…

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