“L’amico ritrovato”

Pinterest LinkedIn Tumblr +
TEATROVID-19 l’energia e la forza del teatro

Teatro Cometa off
A cura di Alessandro Sena e Marco Tassotti

Con: Alessio Chiodini, Alessandra Cosimato, Marco Fiorini e Vittoria Rossi

Regia di Alessandro Sena, aiuto Regia Simonetta Di Coste, luci di Mattia Albanese, musiche di Peste.

Nel buio più profondo, ecco che una luce ben studiata illuminare il centro del palco. Qui appare un filo spinato, quello tristemente noto dei campi di concentramento. La barriera si illumina di rosso, rosso come il sangue di tante vittime innocenti. La regia di Alessandro Sena, sempre molto personale, è attenta a sfumature e dettagli.

Stasera il regista sceglie di dividere la scena in due perfette metà che rappresentano due ambienti distinti, una sorta di Yin e Yang a rappresentazione del bene e del male, o semplicemente due sfaccettature della vita, opposte e complementari.
In uno spaccato siamo negli anni ’70 e troviamo Hans, ritroso e riservato, in procinto di fare un colloquio con una giornalista che vuole assolutamente intervistarlo sul suo passato da ebreo tedesco fuggito in America per scampare al Nazismo. Nell’altra dimensione, invece, c’è il suo amico Konradin
(Alessio Chiodini), in compagnia della madre (Vittoria Rossi), in un’ambientazione che ci riporta chiaramente agli anni ‘30. Mentre da una parte Hans (Marco Fiorini) parla con la deliziosa Page (Alessandra Cosimato) che prende appunti per il suo articolo volto a divulgare gli orrori del nazismo; dall’altra si materializzano e prendono vita i ricordi del suo amico, soggiogato dalla madre aristocratica e filohitleriana, poco disposta a tollerare la frequentazione del figlio con “l’ebreo”.

Konradin è in profondo conflitto con sé stesso, strattonato dalla famiglia e da una posizione sociale che lo soverchia e schiaccia, ma non vuole perdere il prezioso amico con cui ha imparato a riflettere e a cercare la strada per scollarsi da una realtà che non ama.
Anche lui, però, come milioni di tedeschi, subirà il fascino perverso e il plagio della propaganda di Hitler, cedendo e finendo per essere ammaliato dal nazismo.

Marco, che ho conosciuto ed apprezzato come attore comico, si rimette in gioco e torna dopo tempo a recitare in una parte drammatica, dove pare non voler calcare troppo la mano nel drammatizzare il suo personaggio. Essendo questo uno spettacolo proposto anche alle scuole, credo non lo si sia voluto appesantire troppo con accessi drammatici e lasciare invece spazio ai messaggi intrinseci nella sceneggiatura, in maniera che arrivino diretti e chiari. Marco si cala bene nel suo personaggio e riesce a trasmettere tutta la difficoltà di un uomo che ha sofferto e rientra in contatto con quei sentimenti e quel dolore che hanno lasciato cicatrici indelebili.

Alessandra, oltre ad essere una brava ballerina, ogni volta che la vedo sul palco dimostra anche le sue grandi doti di attrice. Lei è una giornalista determinata ma anche profondamente delicata e rispettosa del dolore dell’uomo.
Quello che trasmette Alessandra in maniera piuttosto chiara è di non voler violentare Hans nella speranza ipocrita di ottenere importanti rivelazioni che possano darle fama con un articolo di successo, ma è semplicemente spinta dalla sincera volontà di rendere note le sofferenze di quanti hanno subito il nazismo, affinché tutti sappiano e nessuno dimentichi.

Si siedono, lui è vago, introverso, e dagli occhi traspare un dolore mai sopito. Le sue parole escono con difficoltà, come massi pesanti.

Ma appena si apre, contatta le sue emozioni e comincia ad esorcizzare le sue paure attraverso la terapia della parola, arrivando perfino a ritrovare i bei ricordi vissuti con il fraterno amico.
Qui la regia, sapientemente, sceglie di far spostare agli attori le sedie su cui si siedono in prossimità del pubblico, rompendo la scena, con l’intento di far diventare quella chiacchierata una confidenza che avvolge e coinvolge il pubblico, rendendolo testimone.

Marco trasmette molto bene la difficoltà di Hans, rimasto orfano, senza amico e apolide. Dall’altra parte della barriera spazio temporale ci sono Vittoria, semplicemente spettacolare, immersa completamente nel suo personaggio, e Alessio con il suo approccio molto “ariano”; sono semplicemente eccezionali.

Ottimamente sincronizzati con l’altra dimensione, i tempi con cui entrano ed escono di scena rendono la storia fluida e costante e mantengono intatti il ritmo e l’atmosfera.
Suggestivo il punto in cui le due dimensioni sembrano quasi incontrarsi. È un momento catartico, quando il giovane Konradin fa la sua scelta obbligata verso il nazismo, e Page sembra sentire arrivare da quella dimensione il cadenzato passo dell’oca… bello, intenso e tristemente poetico.

Mentre Alessandra e Marco riportano con i loro abiti inevitabilmente agli anni ’70, le capigliature e i costumi di Alessio e Vittoria ci riportano inequivocabilmente agli anni ’30.

Non meno fanno i loro atteggiamenti, i modi di parlare, i discorsi farciti di quelle idee malsane che hanno storpiato la Germania e che Vittoria, nei panni della madre di Konradin, decanta ed abbraccia fomentata. Tutto questo non fa che evidenziare ancora di più il conflitto interiore che il ragazzo vive sotto la pressione familiare, fino al lento propagarsi del germe del nazismo che dopo aver fatto presa sulla madre, coinvolge anche Hans.

Una recitazione impeccabile, un’ottima regia, musiche scelte accuratamente che accompagnano e sottolineano alcune scene insieme a un attento uso delle luci che giocano con efficaci e suggestive penombre alternate ad ammalianti lame di luminosità per fendere il buio ed evidenziare le figure. Tutto lo spettacolo è presentato in maniera fruibile, e se si fa attenzione è ricco di passaggi che evidenziando la folle e ottusa “psicologia” del nazismo.

Una sceneggiatura mai esagerata in cui fanno capolino passi chiave, base di testi importanti sull’argomento come “LTI la lingua del terzo Reich” di Victor Klemperer, o “Il male dentro” di Thomas Kühne.

La barriera di filo spinato in scena mi ha colpito molto, perché arriva ad evidenziare non solo la differenza temporale ma anche la netta divisione tra le due situazioni, sottolineando la distanza sociale, culturale ed emotiva tra i due amici che al contempo amaramente li unisce.

Tra i vari ospiti della serata era in sala Ruth Dureghello, Presidente della Comunità Ebraica, che a fine spettacolo, è intervenuta per complimentarsi con il cast e contribuire con un breve e sentito discorso.

Questo spettacolo viene riproposto ormai da anni da Alessandro e dal Cometa Off alla vigilia della “Giornata della Memoria”, apprezzato dal pubblico serale ma anche da quello degli studenti nelle repliche mattutine.
Tempo fa mi ritrovai proprio davanti a questo ospitale teatro per un’intervista al regista. Eccola:

Intervista ad Alessandro Sena

Scrivi a: redazione@viviroma.tv
Share.

Leave A Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

WP Twitter Auto Publish Powered By : XYZScripts.com