Pericolosa Mente: spettacolo teatrale

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del corona (verso la rinascita del teatro)

Da una commedia di Eduardo De Filippo,
Con: Marine Galstyan, (Dorotea) Francesco Sgro (Arturo) e Nicola Franchini (Michele), regia di Alessandro Sena.

Nel particolare e suggestivo spazio teatrale sito in Trastevere dal nome ‘Il Cantiere’, ho il piacere di assistere a questo spettacolo. L’ambiente è accogliente, direi familiare. In uno spazio piccolo e confortevole, seduto a pochissima distanza dagli artisti, ho l’opportunità di percepire ogni singolo movimento, ogni impercettibile increspatura del volto degli attori durante la loro performance e avvertire ogni minimo gesto e cambio di tonalità di voce.
Questo è il teatro che amo di più, dove non esiste distanza tra spettatore e attore. Ogni barriera, seppur invisibile, crolla; si è dentro la scena, con i personaggi che prendono vita grazie a bravi attori…
Proiettati in questo dramma farsesco non possiamo non essere avvolti, spintonati e coinvolti in una surreale e frizzante proposta.

La storia.
Dopo quindici anni Michele ritorna a Napoli dall’America, cerca una camera in affitto e prova dal suo amico di vecchia data Arturo, che vive con la moglie Dorotea, una stravagante donna dalla “duplice” personalità.
Michele, suo malgrado, si troverà coinvolto nelle discussioni della coppia, integrandosi e agendo in maniera insolita per adattarsi a questo particolarissimo menage famigliare.

Ma che succede di così particolare in una storia così assurda? Ebbene, l’unico modo per il marito di far funzionare il matrimonio con la donna è spararle! Ovviamente a salve…
Dorotea è un’ antipatica e irriverente moglie, ma ai colpi di pistola del marito, credendosi morta, si risveglia invece rinvigorita, sentendosi una miracolata. Ad ogni “aggressione” si trasforma in un’ affabile e servizievole donna di casa, ma la magia dura poco; dunque il marito è costretto, sotto gli occhi increduli dell’amico, a fare uso di questo espediente per riportare ogni volta la donna all’ordine.

Mentre De Filippo si sofferma nello spiegare all’amico, con il tipico approccio partenopeo, l’assurdità del suo comportamento, svelando ironicamente la violenza perpetrata sulla donna per ammansirla, sdoganando questo metodo anche agli altri mariti del condominio, Sena decide invece di inserire la violenza in maniera più sottile, più celata e indolore, aspettando che sia il pubblico a percepirla tra una risata e l’altra, quasi a tradimento.
Per meglio capire, ho dato un’occhiata all’originale, anche questo assai divertente, ma più comicamente esplicito, così da farmi un’ idea più chiara.

Alessandro Sena sceglie un cast composto da tre validi artisti per portare in scena una poco conosciuta opera del grande De Filippo. Senza stravolgerne il senso, la personalizza e la modernizza con un proprio personale tocco, sfruttando sapientemente la fisicità, le capacità di movimento e d’azione del suo cast in maniera vincente e riuscendo a creare un felice connubio con la parola che risulterà poi essere secondaria.

Questo è palesemente evidente nel secondo atto, quando i tre rielaborano il primo, riproponendolo sì identico, ma parlato in maniera volutamente incomprensibile, per dare spazio a quell’ azione e a quella fisicità di cui parlavo prima.

Tutto nel primo atto si è svolto in maniera fruibile e comprensibile; seppure la vicenda rimanga assurda, il pubblico ha potuto comprendere il senso della storia.
I tre nel primo atto si muovono volutamente sottotono, per far spiccare la vicenda, mentre nel secondo tutto cambia divenendo più grottesco ed esilarante.

Marine smette i panni che fanno eco ad una sorta di diva degli anni venti, ammaliante ma al contempo vuota, noiosa e spocchiosa, per quelli di un’ agitata esuberante spagnola. Come al solito l’attrice risulta potente ed ipnotizzante, rendendo il suo personaggio, a dispetto di altre versioni proposte (fruibili su you tube), centrale. Nicola non è più il prete compito e riservato del primo atto, ora si esprime in un napoletano strettissimo e dalle gestualità chiaramente partenopee; liberandosi dalle catene che il primo personaggio gli imponeva, si scatena in tutta la sua bravura. Francesco sceglie invece uno stretto dialetto calabrese, accompagnandolo con la gestualità e gli atteggiamenti che lo tipicizzano, rompendo il cordone ombelicale tra i due personaggi proposti, comunque godibili.
Le risate del pubblico si fanno più intense, mentre il messaggio insito in questa seconda “pantomima parlata” diviene sempre più chiaro. Di fondo si ride, ci si diverte con questo astruso parlato.
Sena vuole riproporre il tema del maltrattamento delle donne che già de Filippo coraggiosamente aveva presentato nel 1938.

pericolosamenteSe vi capita, vedete la versione proposta dai grandi Gigi Proietti e Marco Simeoli accompagnati da Loredana Piedimonte, i quali scelgono però una chiave esclusivamente comica.

Personalmente credo che l’uso di questi differenti idiomi che si accavallano e confondono tra loro, vogliano rappresentare la diffusione extraterritoriale di questo fenomeno. In ogni paese, in ogni contesto si può trovare una donna maltrattata, da qui l’inutilità della parola a fronte di un tema così ovvio.

Sena ci propone un prodotto divertente, non alterandone il messaggio ma facendone un “esercizio di stile”. Lo porta in scena per saggiare il terreno e usa una commedia leggera per tastare il polso ai nostri umori dopo tanto digiuno teatrale.
Marine è immensa nel suo doppio ruolo, versione spagnola poi è imbattibile. Per me che la seguo da anni, è una conferma sul palco, così come Francesco in versione calabrese, che avevo visto in un altro spettacolo in cui già lo avevo apprezzato. Nicola, passando dal personaggio quieto a quello forsennato e plateale, si svela in questa sua dicotomia recitativa.
Divertenti e pazzi.

Ho trovato molto interessante, azzeccato ed intelligente l’intervento di Alessandro Sena, che a fine spettacolo, dopo averci intrattenuto e divertito con i suoi attori, ha presentato il suo cast e ci ha raccontato l’origine della commedia spiegandone i risvolti. Dopo settant’anni il messaggio di De Filippo è ancora attuale e altro non è che una denuncia di quello che all’epoca era il distorto rapporto matrimoniale in cui determinati “sistemi” coercitivi rispondevano invece alla normalità.

Credo che questi interventi post spettacolo siano utili per rendere più fruibile il linguaggio del teatro a chi non lo conosce e avvicinarlo a questo vasto, emozionante e fantastico mondo.

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