Franco Califano: “non escludo il ritorno”

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“Non escludo il ritorno” è la frase che ha voluto lasciare ai posteri, tanto da farla incidere sulla sua lapide al cimitero di Ardea dove è tumulato.

“Non escludo il ritorno”, come il brano che scrisse e lanciò a Sanremo nel 2005 e come il film sugli ultimi suoi anni di vita che gli ha dedicato il regista Stefano Calvagna nel 2014, vincitore del premio della critica al Festival di Cannes.

E ora come per magia, guarda te l’incanto delle parole, è come se Franco Califano fosse tornato tra noi. Proprio mentre ricorrono i 10 anni dalla sua scomparsa. E sì, ci voleva il giornalista di lungo corso Marino Collacciani a “riportare in vita” con la sua penna e il suo piglio da cronista consumato ma soprattutto con gli occhi e il cuore di un amico quasi fraterno, quel “genio ribelle” di Franco Califano, un personaggio spregiudicato e scomodo suo malgrado. Poeta e filosofo della contemporaneità dalla vita intensa e travagliata, fatta di gioia alternata a depressione, di solitudine che lui chiamava libertà ma cui cercava di sfuggire scrivendo canzoni, noia e grandi dolori.

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Franco era anche questo, non solo il grande cantautore che tutti ricordiamo con oltre 20 milioni di dischi venduti e brani memorabili che hanno fatto la storia della musica italiana, 32 album pubblicati, più di mille opere tra canzoni e poesie.

“Francamente Franco – Il vero volto di Califano” è il titolo della penetrante e commovente biografia romanzata con tratti inediti scritta da Collacciani (Castelvecchi editore, 15 euro), un gesto d’enorme affetto per celebrare un’amicizia lunga 34 anni ma anche per restituire l’enorme valore di un artista e rendere giustizia ad un uomo sensibilissimo e profondo così bistrattato dalla magistratura, dai benpensanti e dalla critica. Insomma, un Califano riscoperto, rivisitato e svelato nelle 120 pagine del tomo, con prefazione firmata da Edoardo Vianello, legato profondamente a Califano per lunghi 49 anni: insieme tra l’altro fondarono l’etichetta discografica “Apollo” e lanciarono i Ricchi e Poveri.

“Franco non solo è morto in povertà per la sua enorme generosità con tutti, soprattutto con i poveri e i bisognosi, ma è stato dimenticato da tutti coloro che non lo hanno mai voluto conoscere veramente: era una persona costantemente alla ricerca della verità, braccata nelle canzoni, inseguita con severa introspezione nella vita. Ma chi lo ha conosciuto bene ha apprezzato le sue qualità enormi”, rompe il ghiaccio Collacciani che ha riempito alla presentazione la grande libreria Eli di Viale Somalia: 200 persone sedute e oltre 50 in piedi, 150 copie acquistate al volo dai presenti e autografate a fine presentazione (ma il libro era anche stato già messo in vendita in edicola allegato al quotidiano “Il Messaggero”).

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Marino Collacciani firma copie

Califano e Collacciani si conobbero ad un suo concerto nel 1979: il giovane cronista di appena 25 anni fu inviato dal direttore del suo giornale nel club di Ladispoli per intervistare il cantante che di anni ne aveva già 41 ed era “un figo pazzesco ma non il classico piacione”. Tra loro fu feeling immediato: si capirono subito e da lì sbocciò una bella amicizia, un rapporto durato nel tempo. “Fu l’unico a telefonarmi alle 3 di notte, dopo un suo concerto, quando mi separai da mia moglie Federica.

E da allora mi è rimasto costantemente vicino”. Tanto che poi Collacciani lo presentò a Don Pierino Gelmini, deus ex machina della Comunità Incontro, che lo voleva conoscere a tutti i costi dopo essersi innamorato della canzone “Napoli” che Franco presentò a Sanremo nel 1994 con quella sua inimitabile voce roca e profonda tremendamente sexy. In seguito il suo bellissimo brano “Uomini” divenne l’inno ufficiale della Comunità di recupero, dove il cantautore fu volontario e testimonial per 10 anni, senza neanche strombazzarlo troppo.

Nei tre capitoli dedicati alla Comunità, Collacciani racconta anche del loro viaggio-missione in Thailandia, al fianco di quel coraggioso prete anti-droga che cambiò la vita del cantante, lo teneva per mano quando camminavano tanto che finirono per ribattezzarli “la strana coppia”. Proprio quando don Gelmini, Marino e Franco erano a Bangkok arrivò la notizia della misteriosa morte di Mia Martini: Franco mandò subito un comunicato stampa all’Adn-Kronos per scagliarsi contro tutti i malvagi, gli invidiosi e le malelingue che avevano portato Mia alla morte, sopraffatta da quelle bruttissime voci e falsità che la dipingevano come una che “portava male”. Per lei Califfo aveva scritto due dei suoi grandi successi: “Minuetto” e “La nevicata del ‘56”.

collacciani califanoL’autore, che il suo amico lo chiama spesso Maestro e ricorda come lui non sopportasse i nomignoli che gli erano stati affibbiati come “Er Califfo” o il “Prevert de Trastevere”, riesce nelle 120 pagine a svelare la vera essenza dell’uomo, del poeta, dell’autore pieno di romanticismo, del musicista e produttore, di cui bastava leggere e interpretare attentamente le parole dei suoi brani per comprendere di quale pasta fosse fatto, come era la sua anima, nobile e pura, non certo quella di un coatto arido dedito ai vizi e alla bella vita. Collacciani però non fa sconti d’amicizia e non tralascia di ricordare quella sua debolezza, l’uso personale di cocaina (“Ma non ha mai fatto apologia, era una sua fragilità e basta, neanche gli amici più intimi come Vianello lo sapevano: Vianello lo scoprì solo quando lo trovò svenuto in casa e lo portò al Gemelli”).

A tal proposito si legge quanto Franco dichiarò in un’intervista: “Ne ho fatto uso personale, ma sono stato l’unico ad ammetterlo, questa è la verità, non sono mai stato dipendente da nulla. Non mi posso definire un pentito della droga perché amo il vissuto, ma non amo il vizio, per cui sto cercando convincere i viziosi a guarire dalla droga”. L’autore ricorda anche il suo più grande dolore: la galera, dove finì 3 volte, tra gli anni Settanta e Ottanta.

“Maciullato dalla critica ottusa e di parte, bistrattato dalla magistratura, ha fatto 3 anni e mezzo di carcere venendo poi sempre assolto per non aver commesso il fatto, eppure tornò a Rebibbia da star per cantare per i detenuti.

Ma l’amarezza per tutto questo se l’è portata fino alla tomba, lui ha cercato sempre la speranza, ma è stato tradito o sfruttato dagli amici, della sua enorme bontà e generosità se ne sono approfittati in molti”. Dipinto sempre come un playboy venuto dalle borgate, un amante latino dalle migliaia di conquiste, un macho senza scrupoli che le donne le usava e le gettava: in realtà l’uomo venuto al mondo rocambolescamente nel cielo della Sirte su un aereo che volava verso Tripoli, in Libia, ha sempre avuto grande rispetto e grande amore per l’universo femminile. Ne è stato il cantore, si può dire.

Un capitolo del libro non a caso è dedicato a Mita Medici, all’anagrafe Patrizia Vistarini, che Collacciani ha voluto al suo fianco insieme a Enrica Bonaccorti per presentare il suo lavoro. Mita è stato il grande amore di Franco, nonchè la sua continua fonte di ispirazione: si conobbero che lei non aveva ancora 18 anni (lui 29) e subito andarono a convivere. “Aveva il volto del fanciullo e l’anima inconfondibile del poeta: era di una bellezza trascinante, ma anche buono, galante, generoso”, ricorda lei. Che dopo 3 anni lo lasciò su due piedi, dopo averlo beccato a cena con una sua amica e un’altra ragazza una sera che lui le aveva detto di non aspettarlo perchè andava fuori Roma. Mita è stata il grande rimpianto di Franco. Sebbene dopo un periodo di pausa sono rimasti sempre in contatto.

Anzi, lui le scriveva appassionate lettere dal carcere piene d’amore. In una le confessò che una volta uscito di galera la voleva sposare e mettere su famiglia con lei, fare dei figli. “Ma queste missive le tengo per me, non le pubblicherò manco sotto tortura”, giura davanti a tutti l’attrice.

Un altro capitolo è dedicato alla sua unica figlia frequentata pochissimo: Silvia, nata dal suo matrimonio-lampo appena 19enne con Rita Di Tommaso. Una figlia che lo aveva reso nonno della piccola Francesca. Nella libreria spicca il quadro dell’artista Athos Faccincani, un ritratto di Califano creato appositamente per questo libro dove compare fotografato nelle prime pagine: si intitola “Luce e sole – I pensieri di Franco”.

A chiudere l’ultimo capitolo, dopo uno scatto di Califano nel 1995 con i ragazzi della Comunità Incontro a Molino Silla di Amelia e uno con Don Pierino Gelmini, ecco una foto storica del nostro Luciano Di Bacco: l’ultimo suo concerto al Sistina il 18 marzo 2013. Califano morirà pochi giorni dopo, il 30 marzo, a 74 anni. Aveva un tumore, ma i medici dissero che morì d’infarto.

 

Ad accompagnare la presentazione, la cantautrice Giulia Anania che ha cantato 3 brani del suo repertorio mentre un delicato sottofondo di chitarra ha accompagno le letture di brani del libro a cura di Mita Medici e Enrica Bonaccorti. Nel parterre, ad ascoltare in rigoroso silenzio ecco i Prefetti Gianni Ietto e Fulvio Rocco de Marinis, le dame socialitè Bianca Maria Caringi Lucibelli, Nicoletta Sgaravatti, Silvana Augero e Sara Iannone.

Ecco l’attore Pascal Persiano, il regista Stefano Calvagna, Eleonora Vallone. Immancabili Maria Monsè e Iolanda Curreri. Arriva la press-agent Patrizia Brandimarte con il marito marchese Gregorio del Gallo di Roccagiovine e Damiano Caltagirone.

Cartellino timbrato anche per Barbara Bonura, Miria Maiorani, Orietta Di Mario, l’attrice Roberta Albanesi e tanti altri. Un libro appassionante e imperdibile: tutto il resto è noia!

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