“Mammoletta”

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Teatro Off Off
di e con Serafino Iorli
Collaborazione ai testi Federica Tuzi e Fabrizio Bianchi
Regia Mariano Lamberti

Voce mamma Caterina Koro Gramaglia
Montaggio video Giorgia Lolli
Musiche Hugo Sanchez Francesca Bianchi
Costumi Daniela Guastini
Grafica Gianluca Nylund Manna
Coreografia Gioele Coccia

Ho già visto e conosciuto Serafino, prima con le “inCORONAte comiche”, gruppo perlopiù femminile impegnato in un progetto teatrale che portava a teatro i sordi, poi con “Un bacio senza nome”, proposta ironica e sferzante sul mondo Lgbtqui plus in cui racconta la sua storia e quella del movimento gay in italia.

Ritorna qui all’Off Off con il nuovo spettacolo “Mammoletta”, da lui scritto e interpretato in collaborazione con Federica Tuzi e con la regia di Mariano Lamberti. Lo spettacolo è presentato in prima assoluta qui all’Off Off Theater per due date, poi approderà a Napoli al teatro San Carluccio.

Con la sua ironia a tratti dissacrante ma sempre educata ed intelligente, l’artista ricorda la sua infanzia, ci racconta il rapporto con un padre padrone e una madre succube, le difficoltà nel vivere liberamente la sua omosessualità durante il boom economico degli anni ’60, quando veniva particolarmente denigrata e perciò tenuta nascosta.

In una sala gremita soprattutto di coetanei, attraverso pubblicità, abitudini, comportamenti sbagliati o quantomeno discutibili in famiglia, Serafino ci porta dolcemente per mano indietro negli anni, creando una piacevole atmosfera anche grazie a musiche, immagini e video della sua infanzia, e ci apre la sua casa facendoci conoscere la sua famiglia.

Plinio è il nome del padre. Ha vissuto la miseria, il fascismo e dunque il triste periodo della guerra. Uomo di altri tempi, lavora duramente e risparmia con molti sacrifici e privazioni, riuscendo a coronare il sogno di mettere su famiglia, comprare una macchina per andare al mare con i suoi cari ed acquistare una televisione e altri elettrodomestici per migliorare la vita quotidiana.

Ma la sua mentalità è rimasta radicata nell’epoca fascista. Così, tratta la moglie con prepotenza e superbia, apostrofa i primi stranieri di colore con epiteti razzisti e non perde occasione per insultare il figlio, che a differenza di lui preferisce giocare di nascosto con le bambole ed infatuarsi dei compagni di scuola.

La madre di Serafino è una donna impotente che si trova tra l’incudine e il martello, con un marito padrone e un figlio che si veste da donna.

Così si chiude nella sua depressione mentre si ammala di Alzheimer. Paradossalmente, forse la malattia diventa una piccola salvezza che le permette di estraniarsi dall’amara realtà che la circonda e le permette di non schierarsi. Serafino amorevolmente la segue e l’accudisce, ritrovando quell’ indole amorevole che aveva sviluppato giocando con le bambole.

Il padre, che non smette mai di essere l’uomo che è, guardandolo con la madre usa l’espressione “solo una mammoletta si occupa così di una mamma!”. Forse nel titolo dello spettacolo Serafino rivive quel rapporto e nel tentativo del padre di sminuirlo, trova invece la sua forza e la sua personalità, facendone una bandiera da sventolare con fierezza.

Arriva il momento di separarsi per sempre dalla madre, così non rimane che prendere una decisione: abbandonare il vecchio padre alla sua solitudine o, ironia della sorte, continuare a fare la mammoletta e prendersi cura anche di lui. Non riceverà mai un grazie per quanto fatto.

L’artista riesce a sdrammatizzare la difficile condizione della sua vita con l’ironia che sempre lo contraddistingue. Vive un periodo storico difficile per l’omosessualità, che vede con diffidenza o scherno il “diverso”. Nell’ambito familiare, dove dovrebbe sentirsi al sicuro e protetto, Serafino non trova né appoggio né comprensione, e allora vive nell’ombra ma anche nell’eccesso liberando la sua vera natura fuori casa, tra “quelli come lui”, che non lo giudicano ma lo accettano per quello che è. Si dedica dunque allo spettacolo, con cui forse riesce ad esorcizzare i suoi dispiaceri e a sentirsi libero.

Questo spettacolo, nonostante affronti lo stesso tema, si discosta molto da “Un bacio senza nome”. È un racconto tenero, profondo, di una velata tristezza che arriva a toccare nel profondo lo spettatore senza però rattristarlo o appesantirlo. Serafino non cerca riscatto o comprensione; semplicemente si racconta con un sorriso e fa conoscere il suo mondo portando alla riflessione e facendo divertire. Si sviluppano una forte simpatia ed empatia verso questo delicato artista, perché nonostante critichi l’atteggiamento del padre e ne rimarchi le manchevolezze o l’atteggiamento ottuso, lo fa sempre con rispetto, un profondo affetto ed un sorriso a denti stretti. Gli è chiaramente mancato un rapporto sereno con il padre, che avrebbe desiderato che fosse più vicino, disponibile, comprensivo e, perché no, affettuoso. E anche il rapporto con la madre, troppo remissiva ed assoggettata per riuscire a stare vicino amorevolmente al figlio, è mancato di qualcosa.

In un’ora di monologo, tra qualche breve blackout e qualche incertezza tecnica tipiche di una Prima, Serafino come al solito coglie l’occasione per gestire tutto con grande professionalità ed ironia, e diverte il pubblico senza rompere la magica atmosfera.

mammolettaÈ toccante e intenso quando veste i panni della madre scomparsa sembrando tornare indietro per un momento a sfiorarla e a ballare con lei. Una scena che mi ha ricordato il testo e il video della canzone di Sting “They dance alone”, dedicata alle mogli dei desaparecidos argentini che salgono su un monte e ad occhi chiusi ballano con il vento immaginando di essere abbracciate ai mariti scomparsi… non si può non trattenere una lacrima.

Serafino è una persona deliziosa, spontanea, profonda e delicata, con un’innata ironia e una grande simpatia che porta con sé gioiosamente sia nella vita che sul palco. Il pubblico piuttosto eterogeneo riconosce questa sua indole e l’apprezza molto.

Sono stato colto da una velata amarezza alla fine della serata, avrei voluto che continuasse ancora per divertirmi e commuovermi con lui. Questo sottolinea il valore di questo spettacolo.

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